L'amore verso l'altro
L’asilo notturno Pampuri compie 35 anni. L’istituzione di via Corsica nata dal carisma dell’ospitalità dei Fatebenefratelli ha rappresentato un modello. In questi ultimi anni ha accolto la richiesta delle nuove emergenze (accoglie circa 200 profughi) e riflette sull’accompagnamento delle persone
L’amore verso l’altro è la cifra che ha segnato i 35 anni di vita dell’asilo notturno Pampuri. Tutto iniziò dall’intuizione di fra Geminiano che accoglieva i senza fissa dimora (al tempo venivano chiamati barboni….) nell’ospedale e li faceva mangiare in reparto quando non era stato costruito l’asilo. Prima ancora si era attivato nel servizio ai poveri della stazione, portando viveri e bevande calde. Con il passare del tempo l’asilo notturno si è evoluto per rispondere ai bisogni emergenti. Il carisma dei Fatebenefratelli (“Fate bene, il bene che potete”) è risuonato più volte durante le celebrazioni per l’anniversario. La stessa partecipazione numerosa dei religiosi della Provincia Lombardo-Veneta testimonia il valore di un’istituzione importante per la città ma anche per lo stesso Istituto religioso: per anni, infatti, i novizi hanno fatto una sorta di palestra sul campo nell’asilo notturno di Brescia. Tra i primi frati in formazione c’era Angelo che ha provato cosa significa “l’amore verso l’altro”, verso una persona con una storia e con un vissuto del quale spesso si sente ostaggio. “Ho imparato l’amore verso l’altro prima dal Vangelo, da Gesù e dal Buon Samaritano e poi dal mio fondatore, San Giovanni di Dio. In questo servizio ho imparato l’accoglienza dell’altro, della persona non tanto del suo aspetto fisico o clinico ma della persona nella sua totalità e globalità.
Porre l’attenzione verso l’altro vuol dire farsi carico dell’altro, portarlo sulle proprie spalle, ma ancora di più camminare con lui per aiutarlo a ritrovare quella realizzazione che ha perso durante la sua vita”.
Senza i volontari, la premessa è doverosa, sarebbe stato difficile realizzare quanto è stato fatto. Ma cosa significa veramente accompagnare una persona? “L’accompagnamento funziona se ci si prende cura della persona. Solo se lasciamo un po’ di noi stessi per accogliere l’altro”. E, poi, negli inevitabili momenti di sconforto è opportuno anche chiedersi: “Ma se fossi io al suo posto, come mi comporterei?”.
Le nuove sfide. In questi ultimi anni l’Asilo si è concentrato sulle nuove emergenze: ospita circa 200 richiedenti asilo ai quali propone anche delle attività laboratoriali (dall’atelier alla coltivazione dell’orto). I migranti sono solo una parte del problema delle povertà contemporanee. Ci sono diversi nuovi poveri ai quali viene prestata attenzione dai Fatebenefratelli, basti pensare alla realtà delle mense per i poveri (l’ultima a Cernusco sul Naviglio), che non sono di facile organizzazione, anche perché bisogna trovare persone disposte ad aiutare: non si tratta solo di dare un pasto caldo, ma soprattutto di spendere tempo nell’accoglienza, perché il reinserimento sociale passa attraverso la condivisione e il rapporto con dei volti concreti. La vera sfida, la più difficile, è accompagnare queste persone che, nel caso dei richiedenti asilo, se abbandonati rischiano di incrementare la già ampia rete di poveri.