Il primo bilancio di genere di UniBs
La prima edizione di un documento che analizza tutte le componenti della comunità accademica, valuta la composizione per genere, individua le aree di criticità e progetta le azioni di intervento. Presentata ieri, in occasione del Giorno della Memoria, anche la laurea magistrale in “Scienze per la pace. Trasformazione dei conflitti e cooperazione allo sviluppo”
Per la prima volta, l’Università degli Studi di Brescia ha un Bilancio di genere. Come definito nei provvedimenti italiani e internazionali in materia, il Bilancio di genere rappresenta uno strumento necessario alla realizzazione del gender mainstreaming, lanciato dalla Conferenza di Pechino del 1995, nella costruzione dei bilanci pubblici. Esso ha la funzione, in altre parole, di valutare il diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito, anche al fine di perseguire la parità di genere tramite le politiche pubbliche, ridefinendo e ricollocando conseguentemente le risorse.
Come indicato dalle linee guida della Conferenza dei Rettori delle Università italiane, anche il Bilancio di genere dell’Università è partito dall'analisi di tutte le componenti della comunità accademica, fatta di studenti, docenti e personale tecnico amministrativo, attraverso una valutazione della loro composizione per genere, per poi individuare le aree di criticità e progettare le azioni di intervento più opportune.
“Il Bilancio di genere è una tappa fondamentale per l'integrazione della prospettiva di genere in tutte le politiche dell'Ateneo – ha dichiara il Rettore, Maurizio Tira –. Dopo l'adozione delle “Linee guida per promuovere l'equilibrio fra i generi negli eventi scientifici”, la nostra Università realizza una nuova iniziativa a favore della parità di genere, nel solco dall’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 5 dell’Agenda 2030 dell'ONU (Raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze), nella convinzione che la parità di genere rappresenti non soltanto un diritto umano fondamentale, ma anche un presupposto necessario alla pace, alla prosperità e alla sostenibilità”.
“L’Università, con la sua prima edizione del Bilancio di genere – sottolinea la prof.ssa Cristina Alessi, coordinatrice del gruppo di lavoro – vuole essere protagonista di un'azione di sistema che coinvolga stakeholder interni ed esterni. Ringrazio i componenti del Comitato Unico di Garanzia dell’Università che ha promosso l'adozione del Bilancio, il gruppo di lavoro, i docenti, i ricercatori e gli studenti che hanno dato la loro disponibilità a collaborare alla ricerca e all'elaborazione dei dati, alle indagini qualitative e alla stesura del testo. La redazione del Bilancio di genere, inoltre, non sarebbe stata possibile senza la collaborazione e la disponibilità dimostrata dal personale tecnico amministrativo dell'Ateneo. A breve il bilancio di genere verrà pubblicato dall'Ateneo e presentato pubblicamente, in modo da favorirne la conoscenza e la diffusione. Un primo, importante passo è stato fatto. Ora occorre continuare”.
Dal Bilancio di genere emergono, in sintesi, alcuni dati che devono essere tenuti in considerazione nella progettazione e nell'attuazione delle misure correttive. Per quanto riguarda la componente studentesca, ad esempio, vi sono corsi di studio che presentano una composizione di genere squilibrata, specie nell'ambito delle lauree Stem (quelle tecnico-scientifche come Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). Nella carriera universitaria, poi, sono in media le donne che raggiungono risultati migliori e che si laureano più spesso in corso e con votazioni più elevate. Nonostante questo, tuttavia, le donne incontrano maggiori difficoltà nell'inserimento nel mercato del lavoro, soprattutto dal punto di vista retributivo, a parità di posizione professionale con i colleghi uomini. Anche nei percorsi di dottorato si registrano alcune criticità, che si traducono nell’abbandono da parte delle donne, specie in connessione con il periodo di maternità. Alcuni degli interventi correttivi proposti in questo ambito riguardano l'orientamento degli studenti e delle studentesse (a partire dalla scuola primaria) e l'adozione di misure volte a favorire la conciliazione tra lavoro e cura.
Per quanto attiene al personale docente e ricercatore, il dato più evidente è la scarsa presenza delle donne nelle fasce più alte della docenza (ordinari/e e associati/e), che si traduce poi, conseguentemente, in una limitata presenza negli organi di governance dell’Ateneo. Si tratta di un fenomeno conosciuto come “tetto di cristallo”, per il quale possono essere previsti strumenti di intervento, come invita a fare il Bilancio di Genere.
Anche per il personale tecnico-amministrativo il Bilancio individua alcune aree di criticità. In questa componente la presenza femminile è maggiore in quasi tutte le aree (le donne rappresentano complessivamente i 2/3 del PTA), ma permangono ancora differenze retributive tra uomini e donne in quasi tutti i livelli di inquadramento. Inoltre, la distribuzione ancora molto squilibrata dei compiti di cura (figli, assistenza a familiari fragili, ecc.) fa sì che le donne ricorrano molto più spesso al part-time e al lavoro agile, con inevitabili ricadute sulla retribuzione e sulle prospettive di carriera. Anche su questi aspetti, il Bilancio di genere propone alcuni strumenti correttivi, come il potenziamento delle azioni rivolte alla conciliazione e l'analisi delle ragioni che stanno alla base delle differenze di retribuzione, al fine di studiare rimedi mirati.
Il Bilancio si conclude con l'indicazione di tutte le azioni di contrasto alle differenze di genere, alcune delle quali già ricordate e da tempo attuate dall’Ateneo, tramite il Comitato unico di garanzia, altre di nuova introduzione. Si va dalle azioni volte a contrastare la segregazione orizzontale e verticale, a quelle volte a promuovere la considerazione della prospettiva di genere nella didattica e nella ricerca, dalle azioni per la promozione del benessere organizzativo, a quelle volte alla lotta alle discriminazioni, al mobbing e alle molestie
Quella del bilancio di genere, però, non è l’unica novità dell’Università degli studi di Brescia. Ieri, in occasione delle proposte che l’Ateneo ha realizzato per il Giorno della Memoria, è stata presentata la nuova laurea magistrale in “Scienze per la pace. Trasformazione dei conflitti e cooperazione allo sviluppo”. Si tratta di un progetto interuniversitario che nasce dalla collaborazione tra l’Università di Brescia e quella di Pisa. Obiettivo della nuova proposta formativa è quella di formare laureati e laureate che possano svolgere in attività legate alla pace, alla giustizia e solidarietà sociale, alla cooperazione locale ed internazionale.