Il buon padre non smette di interrogarsi
In occasione della festa del papà, una riflessione sulla figura paterna con il pedagogista Domenico Simeone, dell'Università Cattolica
“Cara Voce, ancora una volta arriva la Festa del papà, la seconda di questo tempo di pandemia, e mi domando se abbia senso festeggiare. È una domanda che cresce mentre guardo i miei figli. A quanti dei perché che ci hanno posto direttamente o indirettamente in questo anno siamo stati in grado di rispondere? Quanto siamo stati in grado di essere padri autorevoli? Siamo stati capaci di infondere loro fiducia e incoraggiamento, in un tempo che, caratterizzato da limitazioni sempre più evidenti, ha visto anche noi adulti sperimentare una crescente insofferenza? (...) Mi sembra di non avere nulla da chiedere a una festa mette in evidenza la difficoltà di essere padri oggi”.
Un padre prende carta e penna per scrivere tutto il suo disagio nell’approssimarsi della data del 19 marzo: perché festeggiare in tempo di pandemia la figura paterna che, per ammissione dello scrivente, nell’emergenza sanitaria, con tutte le sue limitazioni, ha conosciuto una fatica in più: quella di essere figura rassicurante e autorevole per il figlio...
Di questa sofferenza abbiamo parlato con Domenico Simeone, pedagogista dell’Università Cattolica.
L’emergenza sanitaria ha messo in evidenza la crisi della paternità?
No, non direi. I dubbi presentati da questo padre hanno in sé un elemento positivo. Indicano, infatti perché indica la continua tensione che un padre deve avere nel suo processo di crescita. Una tensione che deve anche portare a porsi continuamente delle domande sulle questioni di fondo della vita. Si tratta di una dimensione straordinaria dell’essere padre: mentre si educano i figli si viene anche educati dalla relazione con loro. I figli con le loro domande, le loro provocazioni, costringono i padri a non accomodarsi su certezze acquisite e spingono a continuare a cercare risposte sempre nuove credibili.
Come va letto il tempo della pandemia nel rapporto padre-figlio: opportunità o limite?
La pandemia, che ha spinto a ridisegnare gli spazi e i tempi della vita famigliare, ha dato un’opportunità ai padri per riscoprire la relazione con i figli e, soprattutto, per dare loro un messaggio importante: di fronte a una condizione obiettivamente difficile, a volte drammatica, è il padre che può testimoniare che è possibile affrontare le difficoltà, che è possibile fare i conti anche con la sofferenza, che è possibile dare un senso e un significato a quello che accade nella vita.
L’emergenza sanitaria in corso ha rimesso in luce a cosa deve tendere il rapporto padre-figlio?
Sì, ha mostrato come spetti ai padri tenere accesa la fiamma della speranza, per dare loro la prospettiva di un futuro che è possibile costruire insieme. È un bisogno oggi, ma lo sarà ancora di più di domani, quando anche gli aspetti economici e sociali di questa crisi diventeranno ancora più evidenti di quanto non lo siano già oggi e ci sarà bisogno di un patto tra le generazioni, quel patto educativo di cui spesso parla anche papa Francesco.
L’arrivo del Covid ha accentuato una riflessione sulla figura del padre che già era in atto?
Penso proprio di sì. Già prima della pandemia era evidente il cambiamento conosciuto dalla figura del padre, a partire dalla fine degli anni ’60 con la contestazione all’autoritarismo che ne aveva messo in discussione il ruolo. Quella a cui oggi assistiamo è una sorta di nostalgia del padre che non evoca un ritorno al passato, ma piuttosto uno sforzo, in qualche modo evidenziato anche dal tempo straordinario che stiamo vivendo, di dare vita a qualcosa di nuovo e di inedito. Credo che per il padre non si tratti di tornare a gestire un ruolo autoritario, quanto piuttosto di coniugare e non contrapporre il codice etico con quello affettivo. C’è bisogno di riscoprire un nuovo modello di padre, che sappia interpretare il suo ruolo di fronte alle esigenze e alle domande di oggi.
C’è una ricetta per essere anche oggi buoni padri?
Purtroppo no, così come non esiste un modello predeterminato da seguire. Oggi ai padri è chiesto di essere disponibili a entrare in relazione, a mantenere un contatto con i figli, sapendosi muovere tra la capacità di dare delle norme e delle regole e, quella di dare loro una vicinanza affettiva ed emotiva. Molto spesso tendiamo a vedere questi due aspetti come contrapposti e inconciliabili. In realtà devono essere mescolati in modo che possano vicendevolmente rafforzarsi. Il padre deve essere un testimone in grado di dire ai figli che la vita merita di essere vissuta, dando loro anche gli strumenti perché sappiano affrontarla al meglio.
Tutto questo è compatibile con tempi sempre più frenetici della vita dei padri?
Questo è un tema che non riguarda solo la figura paterna, ma più in generale la famiglia e la difficoltà di conciliare i tempi della vita lavorativa con gli impegni educativi. Si tratta di un tema che a livello sociale andrebbe affrontato riconoscendo il valore che per la comunità ha l’impegno educativo che padre e madre devono mettere in campo.