Guardare al carcere con Fiducia e libertà
Nel 2017 nasce “Fiducia e libertà”, un’associazione multietnica che attualmente conta 30 iscritti, uniti dal comune interesse per il mondo carcerario. Questa storia inizia da un incontro avvenuto nel 2010 tra suor Mirella Roda, antesignana del volontariato in carcere, e Danila Biglino, presidente e legale responsabile dell’associazione. “Ho iniziato la mia esperienza grazie a suor Mirella − afferma Biglino − al carcere femminile di Verziano, e poi mi sono trasferita a Canton Mombello. Ho iniziato allora a desiderare di creare un’associazione con attenzioni specifiche verso alcuni aspetti particolari della vita in carcere”.
Uno degli obbiettivi principali di “Fiducia e libertà” è quello di “aiutare il detenuto a fare un percorso interiore, per capire le motivazioni e per riconoscere i propri sentimenti”. Si sono, quindi, resi conto del bisogno di parlare di famiglia: da qui nascono i primi progetti sulla genitorialità, affrontati per due anni con degli psicologi. “Abbiamo anche svolto − continua − alcuni laboratori teatrali: ‘Hotel Solitude’, ad esempio, racconta la solitudine che le persone vivono in carcere, ma anche il desiderio di voler stare soli, in contrapposizione alla convivenza forzata, che spesso crea disagio”. Per svolgere tutto questo, è stato necessario un corso di formazione iniziale che ha portato a una collaborazione con l’Istituto Superiore don Milani di Montichiari.
“La scuola incontra il carcere” è un progetto che ha previsto tre passaggi: in un primo momento detenuti e alunni si sono conosciuti attraverso un dialogo epistolare; in seguito, tre ex detenuti hanno raccontato la loro storia. “È stato forte il pregiudizio nei giovani − commenta Danila Biglino − , i quali solo in seguito, dopo essere andati a vedere con i loro occhi il mondo del carcere, hanno voluto scusarsi per la loro ignoranza. Credo che questo sia stato uno dei progetti più belli e più riusciti di ‘Fiducia e libertà’, perché c’è stata una reciproca trasmissione di testimonianze”.
Attualmente, a causa della pandemia, l’associazione ha sospeso le attività. Nel frattempo, è stato affittato un appartamento per accogliere detenuti in misura alternativa. Grazie al regista Abderrahim Abdul El Hadiri sono riusciti recentemente anche a realizzare un altro laboratorio teatrale, dal titolo “Fili da riannodare. Dal carcere a nuovi spazi di libertà”. “Questo − conclude − è un volontariato davvero faticoso, non solo perché si ha a che fare con l’umanità che ha sbagliato, ma anche perché bisogna interagire con l’istituzione. Il tempo del carcere è un tempo dilatato, a cui non ci si abitua facilmente”.