Carcere: l'impegno di Giovanni
La testimonianza di Giovanni che opera da anni a Verziano
Per sapere qual è la reale situazione nelle carceri bresciane bisogna ascoltare chi da anni è impegnato come volontario con il VolCa. “Ho iniziato il percorso di volontario nelle carceri bresciane – spiega Giovanni Zucchi – nel 2013 con l’articolo 78”.
Finalmente da settembre, dopo il periodo di chiusura, Giovanni è potuto ritornare a svolgere la sua preziosa opera. “Attualmente oltre a me, ci sono don Faustino Sandrini e alcune suore. Personalmente mi sto occupando, come richiesto dagli educatori, anche di alcune cose di carattere burocratico. Ma più che l’attività di gruppo preferisco occuparmi dell’accompagnamento individuale delle persone che fanno richiesta. Ho fatto anche dei progetti che sono andati a buon fine. Nel 2017 con i ragazzi del catechismo avevo fatto tenere una corrispondenza con le detenute che avevano figli della stessa età”. L’accompagnamento morale e l’ascolto fanno la differenza. “A Verziano la situazione è tornata più tranquilla dal punto di vista sanitario e riesco a seguire una decina di persone con più costanza. Il rapporto umano è l’aspetto più importante. Richiede molto più tempo. Il colloquio di carattere pratico dura 5 minuti. Io mi fermo anche due ore per ascoltare le detenute che si confidano molto più facilmente con persone al di fuori delle classiche figure istituzionali, operatori e psicologi, con le quali c’è più reticenza”.
La scrittura è un ottimo sfogo. “Scrivo dei pensieri, faccio delle riflessioni e le detenute mi rispondono, si aprono e si entra in un discorso di amicizia”. Decisivo il rapporto con i familiari. “Le famiglie, soprattutto all’inizio, davanti al reato si nascondono. La situazione si scongela nel tempo. Ci sono genitori che chiamano per sentire come stanno i figli. Molto dipende dalle motivazioni per le quali si è in carcere”. La situazione generale. “Spesso le buone intenzioni si vedono solo in televisione, rimangono sulla carta. Ci sono delle attività che vengono svolte, ma le persone occupate sono poche”. Un progetto di alfabetizzazione.
“Sto seguendo una ragazza rumena e alcune nigeriane quasi analfabete. La lingua è di fondamentale importanza per potersi integrare. Anche le straniere si rivolgono a me perché parlano di cose ‘normali’, non solo di processi e di anni da scontare”. Ritorna nelle sue parole l’esperienza in Africa. “Come volontario in carcere – conclude Giovanni – porto il mio vissuto, fatto di anni di volontariato in Africa dove ho affrontato temi di carattere sociale e culturale, ponendo attenzione alle relazioni umane, in particolare con le persone più disagiate e sofferenti”.