Gabric, un nome per Sanpolino?
Sono più di 1.200 le firme raccolte, 40 quelle di olimpionici, con 17 associazioni scese in campo per convincere la Loggia a dedicare l’impianto di atletica di Sanpolino alla discobola Gabre Gabric
“Lo sport è importantissimo. Può salvarti la vita”. Ne era profondamente convinta Ljubica Gabric, per tutti Gabre, bresciana d’adozione e figura simbolo capace di attraversare, e ispirare, intere generazioni di atleti. Un volto prezioso, il suo, da proteggere dalla polvere della storia e dal rischio che ricordi da valorizzare possano affievolirsi con lo scorrere del tempo.
La prossima inaugurazione. È con questo obiettivo che, in attesa dell’ormai prossima inaugurazione dello stadio di atletica di Sanpolino, si è concretizzata una mobilitazione per intitolare l’impianto proprio alla Gabric: cittadina del mondo che ha saputo incarnare i tratti propri, nell’immaginario collettivo locale, della Leonessa d’Italia.
Firme. Sono più di 1.200 le firme raccolte, 40 quelle di olimpionici, con 17 associazioni scese in campo per convincere la Loggia a procedere all’intitolazione. Gabre Gabric nacque a Imoschi, località croata all’epoca appartenente al territorio austro-ungarico, nel 1914.
L’infanzia. Rimase presto orfana di madre e il padre, militare, la affidò al fratello, medico a Chicago. Dopo l’infanzia negli Stati Uniti il ritorno in riva all’Adriatico, a Zara, nel frattempo diventata italiana. La sua bandiera, la terza in pochi anni, divenne il tricolore e non la lasciò più. Imparò l’italiano una parola alla volta grazie all’aiuto di una compagna di scuola, e abbracciò atletica e canottaggio per ritrovare entusiasmo e serenità in mezzo a una selva di difficoltà. Il destino la condusse verso la specialità del lancio del disco, dove ottenne grandi risultati e due partecipazioni ai Giochi Olimpici. Nel 1936, a Berlino, era una delle sole dieci donne della squadra italiana, dove gli uomini erano 150.
A Brescia. Giunse a Brescia per amore nel 1941, quando dopo il matrimonio con il cigolese Alessandro Calvesi – tecnico federale nella specialità della corsa a ostacoli – diede alla luce la primogenita Mariella, seguita dopo soli quattordici mesi da Ljana. Dopo una carriera splendida fu allenatrice a livello internazionale, forte della sua vasta conoscenza nel campo delle lingue; dirigente sportiva; giornalista (prima donna al Giornale di Brescia, al fianco di Gianni Brera alla Gazzetta dello Sport, direttrice della sala stampa alle Olimpiadi di Roma nel 1960); insegnante di rilievo, di quelle capaci di portare i ragazzi in pista.
Ginnastica per anziani. Non solo giovani, tuttavia: fu pioniera, negli anni Ottanta, del lancio della ginnastica per anziani. Si spense a 101 anni, nel 2015, con la perenne convinzione che lo sport fosse un contesto ideale per l’educazione dei giovani e la trasmissione di valori importanti. Uno spazio di uguaglianza, riscatto, libertà. Il suo nome all’ingresso del nascente impianto sportivo cittadino, il primo in Italia dedicato ad una donna, significherebbe tutto questo.