Fra saldi, speculazioni e sfide
Dal 5 gennaio iniziano gli sconti. Alessio Merigo, direttore generale Confesercenti: “I primi giorni sono decisivi”
Archiviate le festività natalizie, nel Bresciano, come nel resto della Lombardia, i saldi invernali inizieranno il 5 gennaio per protrarsi sino al 5 marzo. Saranno 60 giorni in cui poter approfittare degli sconti in tutti quei negozi che mettono in vendita la merce non venduta. Tra Black Friday ed e-commerce la sfida è aperta, anche se non c’è chi non butti un occhio su una vetrina con il cartello saldi. Ad Alessio Merigo, direttore generale di Confesercenti della Lombardia Orientale, abbiamo chiesto un primo bilancio delle vendite natalizie, i consigli utili per gli acquisti, come anche le dinamiche in atto nel territorio e le ricadute economiche di scelte non sempre ponderate.
Come sono andate le vendite natalizie?
Siamo sugli stessi livelli dello scorso anno, con qualche punto percentuale in più, parliamo di cifre che vanno dall’1 al 2% rispetto al 2017. Possiamo dire che sono andate tutto sommato bene.
In che modo vi state preparando alla stagione degli sconti?
Come tutti gli anni, nella speranza che non ci siano i soliti “furbetti” che anticipano i saldi. Nonostante le festività, e le conseguenti vendite, di merce ce n’è ancora. Soprattutto nel settore dell’abbigliamento. Il vero problema è ciò che rimane sugli scaffali quando la scelta, pensiamo alle taglie e ai colori, diventa difficile. Quest’anno, invece, credo possano esserci maggiori possibilità di riuscire a trovare il capo desiderato.
Che consigli dare a chi si appresta ad approfittare dei saldi?
Prima di tutto bisogna diffidare da chi propone sconti pari al 40/50%. Significa che, il più delle volte, la qualità è discutibile. È necessario considerare che la merce di qualità, quindi con un costo iniziale rilevante per il commerciante, ai saldi può essere scontata fra il 20 e il 30%. Diffidate dei supersconti. A chi vuole approfittare dei saldi consiglio inoltre di acquistare il prima possibile, i primi giorni sono decisivi. Si trova una vasta gamma di scelta.
Cosa ne pensa di ciò che accade nel Bresciano dove in questi anni abbiamo visto un proliferare di grandi centri commerciali?
Noi, più di altri, spesso da soli, ci siamo battuti contro questo fenomeno. Ne penso tutto il male possibile e immaginabile: da un lato perché sono stati costruiti senza criterio di riferimento, anche territoriale. Realizzare un centro commerciale come Elnòs, senza tenere conto che questo provoca una ricaduta su un territorio vastissimo, con le conseguenti chiusure di diverse attività, vuol dire non aver capito un granché neanche di urbanistica commerciale. Non si dimentichi che a conclusione dell’ecatombe che ha coinvolto tantissimi piccoli esercizi commerciali, adesso, assistiamo alla crisi anche dei grandi centri, guardiamo al caso Freccia Rossa, ma ci sono altre realtà simili che non se la stanno cavando di certo bene.
Il Centro Nuovo Flaminia è stato realizzato a pochi chilometri dal Freccia Rossa... Cosa si cela dietro certe operazioni?
Per quanto riguarda il Flaminia siamo di fronte a una ricollocazione, c’è stato solo un ampliamento. La realizzazione più complessa è stata sicuramente Elnòs. Su cosa ci sia a monte non ho dubbi: prima di tutto c’è un interesse edilizio. C’è un costruttore che trova un’area edificabile, commerciale. C’è un Comune che ovviamente incassa gli oneri di urbanizzazione, come spesso accade, quindi segue la vendita a un grande gruppo commerciale. È questo, di solito, l’iter. Si segue una logica speculativa.
Cosa pensa della proposta del M5S circa l’apertura contingentata?
Sei anni fa siamo stati raccoglitori della proposta di legge “Libera la Domenica”, depositata con 150mila firme. Chiedevamo venisse ripristinata la situazione antecedente al decreto “Salva Italia” che aveva consentito l’apertura 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, delle attività commerciali. Molte non erano in grado di competere e hanno chiuso i battenti. Quelle che sono rimaste, da un certo punto di vista, si sono adattate, lavorando anche la domenica. Oggi, questa proposta di legge, che pure viene incontro a un’esigenza che noi avevamo evidenziato, ha perso molto della sua attualità. Il mercato è cambiato. Pensiamo ai commercianti del centro storico. Si farebbe fatica a chiedere la chiusura domenicale. C’è bisogno di una normativa. Non è possibile andare avanti in un contesto di liberalizzazione selvaggia. Va rivisto il metodo. Magari prevedendo delle chiusure in determinate date dell’anno. Del resto non possiamo dimenticare l’avanzare crescente dell’e-commerce che incide moltissimo sulle vendite. Mediamente, le attività di vendita, al dettaglio, fra piccola e grande distribuzione, al massimo, in un anno, crescono dell’1%. L’e-commerce cresce, invece, a due cifre. Parliamo del 12%.
IL DECALOGO DEL CODACONS
Per fare shopping in tutta tranquillità conviene tenere bene a mente le 10 regole stilate dal Codacons così da evitare di incorrere in spiacevoli inconvenienti.
Innanzitutto è necessario “conservare sempre lo scontrino: non è vero che i capi in svendita non si possono cambiare. Il negoziante è obbligato a sostituire l’articolo difettoso anche se dichiara che i capi in saldo non si possono cambiare. Se il cambio non è possibile, ad esempio perché il prodotto è finito, si ha diritto alla restituzione dei soldi (non ad un buono). Si hanno due mesi di tempo, non 7 o 8 giorni, per denunciare il difetto”. Le vendite “devono essere realmente di fine stagione: la merce posta in vendita sotto la voce ‘saldo’ deve essere l’avanzo di quella della stagione che sta finendo e non fondi di magazzino”. Nei giorni antecedenti i saldi il Codacons consiglia di “andare nei negozi a cercare quello che interessa, segnandone il prezzo; si può così verificare l’effettività dello sconto praticato ed andare a colpo sicuro, evitando inutili code. Non fermarsi mai al primo negozio che propone sconti ma confrontare i prezzi con quelli esposti in altri esercizi”. È inoltre necessario “cercare di avere le idee chiare sulle spese da fare prima di entrare in negozio”, diffidando “degli sconti superiori al 50%, che spesso nascondono merce non proprio nuova, o prezzi vecchi falsi (si gonfia il prezzo vecchio così da aumentare la percentuale di sconto e invogliare maggiormente all’acquisto)”. È preferibile “recarsi nei negozi di fiducia o acquistare merce della quale si conosce già il prezzo o la qualità in modo da poter valutare liberamente e autonomamente la convenienza dell’acquisto”. E ancora: “Non acquistare nei negozi che non espongono il cartellino che indica il vecchio prezzo, quello nuovo ed il valore percentuale dello sconto applicato. Il prezzo deve essere inoltre esposto in modo chiaro e ben leggibile. Controllare che fra la merce in saldo non ce ne sia di nuova a prezzo pieno. La merce in saldo deve essere separata in modo chiaro dalla nuova. Diffidare delle vetrine coperte da manifesti che non vi consentono di vedere la merce”. Prova dei capi: “Non c’è l’obbligo, è rimesso alla discrezionalità del negoziante”. Un altro consiglio? “Diffidare dei capi di abbigliamento che possono essere solo guardati”. Per quanto riguarda i pagamenti, “nei negozi che espongono in vetrina l’adesivo della carta di credito o del bancomat, il commerciante è obbligato ad accettare queste forme di pagamento anche per i saldi, senza oneri aggiuntivi”. Questo, infine, è il decimo e ultimo punto: “Se pensate di avere preso una fregatura, rivolgetevi al Codacons, oppure chiamate i vigili urbani...”.