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Brescia
di REDAZIONE 06 set 2023 12:57

Fatebenefratelli: una risposta alla povertà

La povertà è un’emergenza: in Italia, gli indigenti che bussano alle porte della Caritas sono aumentati del 12,5% in un anno e oltre la metà vive al nord. Il 30% non vive un momento passeggero di povertà ma viene aiutato da più di cinque anni. Molti stranieri ma anche molti italiani e soprattutto nuove povertà, cioè separati e disoccupati che non hanno una lunga storia di indigenza alle spalle ma che la crisi ha espulso in poco tempo dal circuito sociale, facendone degli "invisibili".

A Brescia, i Fatebenefratelli lavorano da anni su questo fronte e il servizio che offrono evolve. Il presidio bresciano è la Locanda san Giovanni di Dio, che rappresenta lo spirito del fondatore dei Fatebenefratelli, San Giovanni di Dio: nella sua casa non veniva mai mandato via nessuno.

Oggi la struttura residenziale accoglie 20 uomini singoli senza dimora e va oltre il classico dormitorio cittadino: garantisce non solo servizi di prima necessità (vitto ed alloggio) ma offre una accoglienza che lavora con e per le persone, creando e strutturando percorsi di fuoriuscita dall’esclusione sociale e dalla strada.

La Locanda offre una accoglienza h24 ed un'équipe di lavoro che garantisce supporto ad ogni singolo ospite all’interno di un progetto educativo individuale, offrendo: assistenza sanitaria, accompagnamento sul territorio, supporto psicologico, supporto nella gestione dei rapporti con i servizi territoriali invianti, attività ricreative e di animazione sociale, accompagnamento educativo.

L’équipe lavora insieme ai frati ed ai novizi Fatebenefratelli che operano all'interno della struttura, realizzando un'importante sinergia.

Il racconto di un Ospite: il supporto e la rinascita. Di seguito riportiamo la testimonianza di un Ospite della Locanda.

"La prima volta che arrivai alla Locanda ero spaesato. Ho sempre avuto una mia vita. Ero sposato ed ho un figlio di 18 anni." "Quando sono finito in strada, prima di arrivare alla Locanda, sono stato due mesi in strada. Era autunno. Per una settimana ho passato la notte in ospedale, ma poi mi hanno allontanato e poi sono stato in un parco. Quando ho perso la mia casa, ho perso la mia sicurezza ed il mio senso di protezione." confida.

"Sono uno che sia adatta. Di inverno mi basta un termo caldo, d’estate una finestra aperta. All’inizio mi vergognavo, sì. Pensa che quando mi trovavo per strada per raggiungere la Locanda avevo sempre il volto girato dal lato opposto della strada per evitare che qualcuno passasse per strada mi riconoscesse."

"Poi però qualcosa è cambiato. Perché dovevo vergognarmi? Non ho mai fatto nulla di male. Penso che le prime a doversi vergognare, siano le persone che disprezzano chi perde tutto. La mia forza è, ed è sempre stato, il sorriso. Ridere, scherzare sono le vie di fuga da questo posto e da questa vita difficile. Mi piace ridere e soprattutto mi piace far ridere gli altri." racconta.

"Anche alla Locanda. Anche qui ho trovato persone importanti. Persone che mi hanno aiutato e supportato. Persone che mi hanno fatto sentire meno solo. La solitudine è devastante in questi posti. Cerchiamo di fare più cose possibile insieme per passare il tempo in compagnia. A volte, sì, mi sento solo."

"Chiedere aiuto, è stata una delle cose più difficili. Faccio fatica a chiedere aiuto. Forse perché quando qualcuno mi aiuta, sento di dover fare sempre qualcosa in cambio. Sono uno che generalmente quando cade, si alza. L’ironia è l’arma che mi ha salvato in queste occasioni. Cerco di trasmettere anche agli altri un po’ del mio spirito: vedere le persone felici, allegre, rende felice anche me. Purtroppo buttarsi giù è un attimo. Non sono perfetto, ma non bevo, non fumo, non mi drogo." continua l'Ospite.

"Ma qui sicuramente è facile lasciarsi andare. Bisogna saper cogliere le occasioni. Le mie giornate sono scandite dalla ricerca lavoro: organizzo un calendario settimanale suddividendo le varie zone in cui portare curriculum; la mattina vado a prendere i panini dalle suore, poi inizio il giro. Mi fermo per mangiare e al pomeriggio ricomincio." ci spiega.

"Mi segno tutti i posti in cui vado, e se per due volte non ricevo risposta, depenno e vado ai successivi. Mi giro tutta la città in bici, e quando mi è proprio impossibile prendo il bus. Voglio che i datori di lavoro mi conoscano di persona, che vedano con chi hanno a che fare."

"Ci vuole certamente una forza di volontà non indifferente, ma io cerco di essere sereno e di gioire per quello che ho. Se c’è una cosa che mi manca della vita che facevo prima, è però l’affetto della famiglia. Quello, e la possibilità di poterti rifugiare in un posto che è solo tuo. Io non avevo una reggia, sia chiaro, ma quello che avevo bastava. C’era tutto ciò di cui avevo bisogno. Quando arrivavo a casa, era come se rinascessi." ci confida.

"Ora, è due anni che non vedo mio figlio. Da quando sono iniziate le mie difficoltà economiche. I rapporti con mia moglie sono peggiorati, d’altronde eravamo già in crisi prima e quando non iniziavano a non esserci i soldi per fare la spesa, le discussioni sono aumentate."

"Così, portando con sé mio figlio, si è trasferita dai suoi genitori. Da lì, non so spiegartelo bene, ma è come se avessi perso anche quel piccolo motivo per andare avanti. Da quel momento tutto è crollato poco a poco."

"Ad oggi, sono in prova per un piccolo lavoro part -time. Non avrei mai pensato di fare questo lavoro, ma mi rende felice. Mi rende felice avere un motivo per alzarmi la mattina e potermi rendere utile. Per il momento vivo alla giornata, anche se spero che le cose cambino presto. Voglio credere alle promesse che mi stanno facendo" ci spiega, pieno di speranza.

"Per quanto non so cosa mi succederà tra un anno, certamente avrò alle spalle un bagaglio di esperienze più positivo. Sono sicuro che se la gente sapesse… sapesse quanto è difficile rialzarsi quando attorno a te non hai nulla e nessuno, sarebbe dalla nostra parte. E forse ci vedrebbe. E forse non saremmo più così invisibili" conclude.

REDAZIONE 06 set 2023 12:57