Fare il sindaco oggi: la solitudine dei " numeri primi"?
Amministrare oggi una città è sicuramente più difficile che in passato, anche se non mancano le soddisfazioni. Mini inchiesta di "Voce" tra alcuni primi cittadini del Bresciano, a partire da quello del capoluogo Emilio Del Bono
“Piove, governo ladro” ciao ciao... La massima popolare che
per anni ha saputo interpretare i sentimenti ondivaghi degli italiani nei
confronti delle istituzioni è andata in pensione, almeno dando un occhiata a
quell’agorà virtuale che ormai sono diventati i social. Certo, c’è ancora
qualche inguaribile romantico che da Facebook, Twitter & co. si ostina a
incolpare il governo (in quest’ultima stagione identificato solo e soltanto con
il premier Renzi) di tutto quello che accade nel Paese, ma sono sempre di più
(retaggio del meccanismo dell’elezione diretta introdotta ormai una ventina di
anni fa?) quelli che mettono nel mirino sempre e comunque il sindaco della
propria comunità. Per ogni cosa, bella o brutta che sia, che accade in una
comunità, dalla più grande alla più piccola, c’è sempre qualcuno pronto con un
post a gettare la croce addosso al sindaco!
“La crisi dell’ideologia ha sicuramente contribuito a cambiare la natura della figura del sindaco che è diventata sempre più una figura da amministratore delegato di una grande azienda pubblica – risponde Emilio Del Bono sindaco di Brescia, alla domanda se quello del primo cittadino oggi possa essere considerato ancora come un servizio –. Personalmente non riesco a vedere questa trasformazione solo come qualcosa di negativo. Oggi i cittadini si aspettano dal sindaco la capacità di saper coordinare una macchina complessa com’è quella dell’amministrazione comunale”. L’idea del sindaco manager, non sottrae nulla, per il primo cittadino di Brescia, alla dimensione del servizio che mette in gioco anche dimensioni personali. “Quella del sindaco – afferma al proposito – è una funzione che consuma gran parte del tempo e delle risorse di chi vi si dedica. E se un sindaco, di fronte a una critica o a un insulto, ad un’attesa a cui non è possibile dare risposta, rimane colpito è perché sa che quello che gli è stato affidato dalla gente non è una professione, ma un vero e proprio servizio”. È per spirito di servizio che un primo cittadino accetta oggi di “mettere la faccia” anche in questioni che non sarebbero di sua stretta competenza, ma che stanno a cuore alla gente che oggi ha quale primo (e in tanti casi unico) punto di riferimento il proprio sindaco. “La crisi degli altri livelli istituzionali (Provincia, Regione, Stato) sta caricando sulla figura del sindaco funzioni quasi taumaturgiche, – afferma Emilio Del Bono –, competenze e attese che non gli sono proprie. D’altra parte come dire di no a un cittadino che si trova smarrito dinanzi a tanti problemi? Questo ha sicuramente comportato un cambio, ma ha amplificato il tema del servizio.”
Quella delineata da Del Bono è dunque una figura del sindaco che deve fare sintesi tra nuove modalità di intendere questo ruolo e l’aspetto, che ha in sé qualcosa di romantico ma non di anacronistico come quello del servizio, seppure declinato in termini moderni. Ma questo sindaco del XXI secolo prova mai l’esperienza della solitudine? “Sì – è la sua risposta – tante volte, perché nel momento delle decisioni finali, dopo essersi confrontato con la squadre, si è comunque soli e si risponde in prima persona alla comunità”.