FameLab Italia. Brescia ha i finalisti
Sono Michele Dusi e Alessandra Corso i due finalisti delle selezioni bresciane di FameLab Italia, l’innovativo talent di comunicazione scientifica dedicato a giovani ricercatori e studenti universitari. I casting, che quest’anno, per la prima volta, hanno fatto tappa a Brescia, si sono tenuti sabato 24 aprile da remoto, grazie al coordinamento di Università degli Studi di Brescia, AmbienteParco, Fondazione AIB e Talent Garden.
Michele Dusi studia Ingegneria informatica all’Università degli Studi di Brescia. Al centro del suo breve speech i rischi legati al machine learning, cosa significhi avere un bias e come e perché dovremmo evitarlo:
"Grazie all’enorme disponibilità di informazione che caratterizza la nostra epoca, oggi si parla sempre più spesso di machine learning, una tecnica alternativa alla programmazione “classica” che permette di addestrare un computer a partire da grandi quantità di esempi – spiega Michele -. I dati, in questo processo, rivestono un ruolo di importanza cruciale. Non sono rari, oggi, casi in cui sistemi intelligenti si scoprono agire secondo discriminazioni di genere, classe ed etnia. Alla base c’è un problema di bias: quando una macchina è addestrata su dati che non rappresentano in maniera “corretta” la realtà, il rischio è di veicolare idee e pregiudizi errati attraverso di essi, o di amplificare quelli già presenti. Dall’altro lato, la macchina stessa ragiona secondo un modello interno di rappresentazione del mondo che introduce ulteriori bias, ma che è necessario se vogliamo che il sistema generalizzi le informazioni con cui è addestrato. Riconoscere, dichiarare e - ove possibile - mitigare la presenza di bias diventa quindi un passo fondamentale nella costruzione di sistemi intelligenti".
Alessandra Corso si occupa di ricerca presso la Fondazione Bruno Kessler di Trento, dopo la laurea triennale in Psicologia cognitiva e la magistrale in Data Science. Nel suo talk ha spiegato come alcune risposte vengano elaborate inconsciamente dal nostro cervello anche se, consapevolmente, non sapremmo spiegarne il perché:
"L'argomento che ho presentato riguarda il processo cerebrale dell’inconscio. Alcune risposte che diamo vengono elaborate inconsciamente dal nostro cervello, anche se, consapevolmente, non sapremmo spiegarne il perché. È sorprendente come un concetto di questo tipo possa essere scientificamente misurato – dichiara Alessandra -. Due scienziati, Peirce e Jastrow, nel 1884, furono tra i primi a misurare l'inconscio attraverso un esperimento e con l'uso di due oggetti (per esempio due piccoli cubi): chiesero ai partecipanti di sentire il peso dei due oggetti e di dire se ne avvertivano una differenza. Gli oggetti variavano e quando i loro pesi erano molto simili, i partecipanti dicevano di non sentire differenze. Gli scienziati, a quel punto, chiedevano di indovinare quale dei due cubi fosse il più pesante: le persone però non sceglievano casualmente perché rispondevano, per circa il 60%, correttamente, dimostrando che si possiede una capacità discriminativa non cosciente. Ma la domanda più curiosa è: perché il cervello possiede questa capacità? Perché è capace di rilevare strutture complesse non casuali, quando consapevolmente non vengono riconosciute? Perché è in grado di anticipare alcune risposte? Perché questa funzione cerebrale è vantaggiosa e, per questo, è stata selezionata. È straordinario pensare al nostro processo evolutivo e alle selezioni naturali che hanno portato alla formazione del nostro cervello e della nostra mente, così complessa e così affascinante".