Dovremo gestire il rientro
Marco Colombo (Centro Bresciano Down): “Stiamo perdendo del tempo prezioso e non siamo sicuri che potremo recuperarlo in futuro”
L’associazione bresciana di mutuo aiuto “Centro Bresciano Down” è una realtà attiva e dinamica. Comprende 602 soci, circa 250 famiglie e segue direttamente 150 persone che sono affette dalla Sindrome di Down. Una delle più belle realtà organizzate dal Centro è il “21 grammi”, un bar e ristorante gestito da ragazzi con la Sindrome di Down a Brescia. Delle problematiche emerse in queste settimane di emergenza sanitaria ne abbiamo parlato con Marco Colombo, consigliere di amministrazione del “Centro Bresciano Down”.
Come avete reagito all’emergenza sanitaria?
Abbiamo chiuso le attività in sede dal 23 febbraio e dopo le prime settimane di incertezza abbiamo ripreso in remoto alcune attività: le mamme mandano i video dei bambini piccoli (dai 4 ai 18 mesi) alla fisioterapista che supervisiona, corregge alcuni passaggi e consiglia nuove attività per migliorare la motricità. La psicomotricista si occupa, invece, di inviare quotidianamente attività da far fare ai bambini dai 2 ai 5 anni: si tratta ad esempio di percorsi motori da fare con sedie, cerchi e cuscini. La pedagogista invia audio-racconti che lei stessa inventa e legge. Inoltre abbiamo organizzato incontri settimanali attraverso la piattaforma Zoom, per condividere con i soci e le famiglie dubbi, preoccupazioni e linee guida generali. Le educatrici dei ragazzi delle medie incontrano online i gruppi ogni venerdì, mentre gli educatori dei giovani e degli adulti hanno progettato numerose sfide a tema. Gli psicologi hanno inoltre offerto supporto e fatto colloqui via Skype con i ragazzi che hanno fatto richiesta. Per tutti i genitori che avevano urgenze, la direttrice sanitaria e gli operatori sono disponibili telefonicamente, in questi giorni abbiamo anche sentito insegnanti che avevano dubbi per alcuni passaggi di scolarità per l’anno prossimo.
Quali sono le criticità che state incontrando?
Le criticità sono legate a quel tipo di terapie, ovvero quasi tutte, che necessitano di un contatto fisico o che sono più efficaci se eseguite di fronte al bambino. Stiamo certamente perdendo del tempo prezioso e non siamo sicuri che potremo recuperarlo in futuro. Adesso attendiamo con speranza delle indicazioni per gestire il rientro.
Se parliamo di prospettive per il futuro?
Innanzitutto ci auguriamo di poter continuare la crescita, che per noi significa esplorare nuove strade che possano agevolare l’ingresso nella società dei nostri figli con la Sindrome di Down. Il prossimo obbiettivo è la residenzialità autonoma/semi autonoma. Vorremmo infatti cercare di dare ai giovani e agli adulti la possibilità di vivere in modo indipendente, seppur con dei controlli da parte dei nostri operatori.