Carcere: dobbiamo costruire ponti
L’Associazione Carcere e Territorio di Brescia con i suoi volontari cerca di creare dei legami tra la comunità esterna e il mondo del carcere. Dalla gestione di un periodico ai progetti sulla genitorialità e sulla mediazione passando per gli interventi nelle scuole
Costruire un ponte tra la comunità esterna e il mondo del carcere: è questo il grande obiettivo che l’Associazione Carcere e Territorio di Brescia persegue con i suoi volontari (circa una trentina) dal 1997, anno in cui venne fondata da Giancarlo Zappa, allora presidente del Tribunale di Sorveglianza.
“Negli anni ’80, il nostro fondatore Giancarlo Zappa – spiega Carlo Alberto Romano, criminologo e attuale presidente dell’Act – fu uno dei primi, in Italia, a scrivere che l’esecuzione avesse bisogno della comunità e che il carcere fosse una componente attiva della realtà: un’evidenza di cui, purtroppo, ancora oggi, alcuni amministratori locali non se ne rendono conto”. In effetti, già nel nome, questo ideale viene posto in tutta evidenza. L’approccio si discosta, allora, da una forma più “tradizionale” di volontariato, per focalizzarsi su un aspetto più concettuale e progettuale della pena. Da qui, la collaborazione con il Vol.Ca. “Abbiamo una storia e degli obiettivi in comune – continua il presidente –. Il disegno è facilmente comprensibile: il Vol.ca. è per il dialogo, l’ascolto e l’assistenza, noi per il ponte con il territorio e i progetti dentro e fuori dal carcere”.
Sono moltissimi i progetti portati avanti dall’Associazione nel corso degli anni. “Tra i più importanti, la gestione del periodico dei due istituti, che informa su molti argomenti come la cronaca, la politica o l’etica – afferma Carlo Alberto Romano –; ma anche progetti sulla genitorialità, sulla mediazione, sulla gestione di guide spirituali islamiche con la formazione di Imam e sulla giustizia riparativa, così come l’intervento nelle scuole per educare al significato della pena e della Costituzione.
Inoltre, per anni, abbiamo gestito un progetto per italiani in carcere all’estero, arrivando a realizzare una piccola brochure, in collaborazione con la Farnesina, dedicata a questi italiani, di cui solo pochi si occupano, nonostante sia un gruppo di 3000/3500 persone. Da tre anni, il progetto di punta è legato all’uso dei diritti umani come strumento trattamentale e di dialogo: è estremamente innovativo ed è uno dei pochi che non si è interrotto durante la pandemia”. In effetti, l’epidemia di Covid-19 ha messo a dura prova l’ideale dell’Act, che però è riuscito a conservare il legame tra comunità e carcere “tramite lo strumento informatico. Abbiamo mantenuto un canale di comunicazione via e-mail: i testi venivano raccolti dalla garante, portati agli operatori penitenziari, che li leggevano ai detenuti riportando poi le risposte all’esterno”.
L’Associazione Carcere Territorio è una realtà affermata per Brescia e non solo. “Dalla fondazione, un po’ di strada ne abbiamo fatta – conclude il presidente –. Nel 2009, il Comune di Brescia ci ha assegnato il premio Bulloni. Inoltre, le Nazioni Unite ci hanno conferito il Consultative Status: siamo una delle poche Ong italiane che sono consultate per avere dei pareri o, viceversa, che può esprimerli in tema di carcere ed esecuzione penale all’Assemblea”.