Brescia, sempre più città dei saperi
Presentato il nuovo corso in Farmacia dell'Università degli studi. Intervista al rettore Maurizio Tita
Formare moderni professionisti con competenze multidisciplinari nelle scienze del farmaco. È questo il principale obiettivo del nuovo corso di laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia che l’Università degli studi di Brescia aggiunge al quadro della sua già ampia offerta formativa per il prossimo anno accademico, insieme a quello in Sistemi agricoli sostenibili, in Tecniche dell’edilizia, in Economia e azienda digitale e in Economia e gestione delle attività culturali (corso che sarà impartito nella sede di Mantova).
Il nuovo corso, come è stato specificato nel corso della conferenza stampa di presentazione a cui, con il rettore Maurizio Tira, hanno partecipato Maurizio Sozzani, direttore del dipartimento di medicina molecolare e traslazionale dell’ateneo, Maurizio Memo, ordinario di farmacologia, e Francesco Rastrelli, presidente dell’Ordine dei farmacisti della provincia di Brescia, nasce in stretta collaborazione con il territorio e con originale percorso formativo, così da distinguerlo da proposte similari formulate da altre università lombarde. Il percorso, che segue le indicazioni ministeriali per la definizione dei profili professionali, è infatti orientato alle aree biomediche e sanitarie con un’impronta scientifica che permetterà ai futuri laureati di ricoprire ruoli di responsabilità nella nuova farmacia, nell’industria farmaceutica, nei centri di ricerca e in tutte le strutture sanitarie in cui si gestiscono farmaci. 80 i posti a disposizione, con test d’ingresso che si terrà all’inizio di settembre e a cui potranno partecipare anche studenti che siano già stati ammessi in altre università (con rimborso delle tasse d’iscrizione a oggi pagate se si tratta di altro ateneo lombardo)
Anche questa nuova proposta formativa risponde al disegno di fare dell’Ateneo di piazza Mercato la casa di un’universitas di tanti saperi caratterizzati da elementi di originalità e innovazione, come conferma il rettore Maurizio Tira in questa intervista
Professore, a che punto è il percorso di realizzazione di quel modello universitario che aveva in mente all’atto del suo insediamento al rettorato?
Tra gli obiettivi del nostro progetto strategico c’era la diversificazione dell’offerta formativa che andava di pari passo con il superamento dell’idea dell’ateneo tematico. L’aumento serve proprio a dichiarare che vogliamo essere una realtà che cresce nei numeri per raggiungere la dimensione ottimale di 20mila studenti (ad oggi sono 15mila, ndr) su più aree tematiche, insomma un ateneo come universitas dei saperi. Alle novità presentate in queste settimane se ne affiancheranno altre il prossimo anno.
Anche le novità del futuro, come quelle annunciate per il prossimo anno accademico, risponderanno a specifiche richieste del territorio?
Quello dell’ascolto del territorio, oltre che un obbligo di legge, è per noi un imperativo categorico prima di mettere mano a qualsiasi novità. Tutte le offerte formative nuove e del futuro rispondono a esigenze che l’università cerca di intercettare e interpretare con proposte con un altissimo tasso di innovatività.
Quali input può dare, invece, l’Università alla città, al territorio?
Alcuni li abbiamo dati e sono chiari. Abbiamo appena concluso un percorso biennale sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile consolidandolo nel centro di studio “Agenda 2030”. Su questi temi l’Università non cesserà la sua opera di sensibilizzazione perché la città, nel suo insieme, possa farsi laboratorio per l’elaborazione di modelli di sviluppo sostenibile. Se riesce a vincere la sfida dello sviluppo economico abbinato alla sostenibilità ambientale, Brescia può diventare veramente un importante modello di riferimento per mezza Europa. Lo stesso può dirsi per il tema dell’incremento della formazione superiore, vitale per un territorio economicamente ben posizionato in Europa, ma con un tasso di laureati ancora troppo basso e che, nel futuro, potrebbe rivelarsi come un forte limite.
Quanto del grande investimento che l’università fa in tema di ricerca, di innovazione si traduce poi in “spendibilità occupazionale” dei suoi laureati?
C’è un dato di fondo: l’università italiana si caratterizza in Europa e nel mondo per la grandissima qualità della formazione di base. Questa è una condizione che non bisogna perdere non solo perché si tratta di una peculiarità solo nostra, ma anche perché se è vero che tra cinque anni, il tempo di una laurea, il 60% delle professioni muterà, l’unico modo che l’università ha per seguire questo processo è quello di continuare a formare solidamente gli studenti, fornendo loro di ciò che necessitano per affrontare un mondo delle professioni in rapidissima evoluzione. Non possiamo insegnare ciò che ancora non esiste è nemmeno ciò che non c’è più. Possiamo formare laureati aperti al cambiamento e dotati di strumenti e conoscenze per affrontarlo. Per il futuro stiamo pensando a percorsi di academy, paralleli a quelli formativi fondamentali, in collaborazione con le aziende per accorciare i tempi di inserimento del mondo del lavoro, a ridurre quello che secondo gli industriali è il percorso che un neolaureato deve affrontare prima diventare operativo oggi stimato in due anni. Obiettivi di questi academy è portare questo tempo quanto più vicino possibile allo zero.
Quali consigli per uno studente che deve scegliere il corso di laurea?
Il primo è quello di scegliere quel percorso di studi che scalda il cuore, perché una forte motivazione è la premessa del successo. Il secondo è mettersi nell’ottica di ritmi di studio orientati a formazione e aggiornamento permanenti. Il terzo è di cercare di vivere il più possibile la vita universitaria che è anche fatta di confronto, di contaminazione fra diversi saperi, di riflessione, ampliando così la formazione offerta del percorso disciplinare scelto. Tutto questo a Brescia, che deve fare ancora un po’ per diventare a tutti gli effetti una città universitaria.
Cosa deve fare Brescia per essere a tutti gli effetti città universitaria?
Deve sicuramente mette in campo un intervento sull’aumento della residenzialità universitaria. Oggi abbiamo una dotazione bassa per il numero degli studenti e sicuramente questo è un limite che si ripercuote sulla attrattività di studenti dall’estero e da altre parti del Paese. Brescia è una città vivibile, anche con costi decisamente più bassi rispetto a realtà vicine. Questo fattore non secondario, se abbinato a passi in avanti sul tema della residenzialità sarebbe veramente una grande spinta all’arrivo di nuovi studenti da altri Paesi e da altre regioni, elemento importante per una città che vuole essere universitaria. Noi stiamo trasformando in residenze per studenti un edificio di nostra proprietà, ma si tratta di soli 50 posti. Il secondo passaggio è più immateriale: deve crescere la consapevolezza nei bresciani, al di là delle istituzioni e di chi è vicino al nostro mondo, che Brescia è una città dalle grandissime potenzialità universitarie e che occorre scommettere, investire su queste. È necessario che un numero sempre più ampio di bresciani acquisisca questa consapevolezza. Così come hanno fatto con altre istituzioni, i bresciani devono sentire un po’ più loro anche l’università.