Beni confiscati e cooperative
Il mondo della cooperazione ha un ruolo molto importante nella gestione dei beni che l’autorità giudiziaria sottrae al controllo delle organizzazioni mafiose. Uno studio dell’Ufficio Studi Confcooperative lo conferma
Nell’ambito della legislazione contro la mafia le misure riguardanti il sequestro dei beni delle organizzazioni mafiose rivestono una notevolissima importanza perché volte a colpire il patrimonio accumulato illecitamente. Non si vuole tanto colpire il soggetto socialmente pericoloso, quanto sottrarre i beni di origine illecita dal circuito economico dell’organizzazione criminale. In questo ambito un ruolo particolarmente significativo viene svolto dalla cooperazione che, a seguito della confisca definitiva dei beni, spesso ottiene in concessione la gestione di immobili.
Si tratta di un percorso lungo, non sempre facile, nel quale un ruolo chiave è svolto dall’Anbsc, l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che gestisce, in collaborazione con l’autorità giudiziaria, l’intero processo finalizzato alla destinazione dei beni sequestrati e poi confiscati in via definitiva, affinché vengano restituiti alle comunità e ai territori attraverso il loro impiego per scopi sociali o istituzionali. L’affidamento è concesso per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale e deve garantire il massimo rispetto delle regole della trasparenza amministrativa. A mappare le esperienze cooperative ci ha pensato l’Ufficio Studi Confcooperative FondoSviluppo. Ecco cosa viene fuori.
A fine 2021 si contavano 226 cooperative attive nella gestione dei beni confiscati, 6 su 10 nel Mezzogiorno, 7 su 10 sono piccole e micro imprese, la quasi totalità è in utile. Il Mezzogiorno è quindi l’area con la più alta incidenza di cooperative interessate, il 61,5% del totale. La gestione dei beni confiscati è affidata nell’83% in via esclusiva a una cooperativa sociale (con una quota significativa di sociali miste). Per il 13% la gestione fa riferimento a una ATI/ATS in cui è presente almeno una cooperativa sociale (prevalentemente con una o più associazioni). Per il restante 4% la gestione è affidata a un consorzio (in prevalenza tra cooperative sociali). Dal rapporto appena pubblicato emerge che la tipologia prevalente di beni confiscati gestiti dalle cooperative fa riferimento agli immobili residenziali con 48% del totale (in particolare ville, appartamenti e anche interi palazzi). Il 28% è rappresentato da terreni (in prevalenza agricoli) con o senza fabbricato (in prevalenza rurale). Il 16% è censito come immobile commerciale/industriale. Il 2% come struttura ricettiva (prevalentemente villaggi turistici), il restante 6% è riconducibile ad altri beni (in prevalenza box) o beni non definiti.
E infine i dati sulla destinazione d’uso dei beni da parte delle cooperative. Il 34% del totale delle destinazioni d’uso prevalenti dei beni confiscati affidati alle cooperative fa riferimento all’ambito dell’accoglienza/integrazione, il 25% è destinato ad attività agricole, il 12% è destinato ad attività di istruzione/formazione/educazione), il 10% alle attività commerciali e artigianali, il 3% fa riferimento ai servizi agli anziani, il 4% è destinato ad altri servizi sociali, il 3% fa riferimento a depositi mentre il restante 9% non è definito.