Ascolto per curare le ferite dell’anima
Dall’attivazione del servizio di supporto psicologico e spirituale “Accanto a te” sono stati 40 i casi trattati dalla Caritas e 20 dal Consultorio diocesano
Capita talvolta di sentirsi smarriti, stressati e in preda all’ansia. Può succedere che il rapporto di coppia vada incrinandosi. La convivenza a casa, quella forzata dovuta al coronavirus, non ha fatto altro che aumentare in maniera esponenziale queste problematiche. Per cercare di sostenere le persone in difficoltà e rispondere il più possibile ai loro bisogni, soprattutto in questo momento di silenzio e di fatica, il 31 marzo scorso la Diocesi ha attivato “Accanto a te”, un servizio di ascolto e supporto telefonico gestito dalla Caritas diocesana (tel. 345 5933849, lunedì, mercoledì, venerdì, sabato dalle 9 alle 12 e martedì, giovedì dalle 14 alle 16) e dal Consultorio di via Schivardi (tel. 030 396613, dal lunedì al venerdì dalle 13 alle 18).
Tosini. Sono oltre 40 i casi trattati dall’avvio del servizio a oggi da Caritas diocesana. La fascia d’età dell’utenza, prevalentemente, va dai 40 ai 50 anni, suddivisa equamente fra uomini e donne. L’accompagnamento è costante e non si riduce ad un’unica telefonata. “Ci chiamano − ha sottolineato Fabio Tosini, referente del servizio gestito dalla realtà di Piazza Martiri di Belfiore − per lo più persone che hanno grosse preoccupazioni legate all’incertezza sulla sorte dei propri cari ospedalizzati. In altri casi, purtroppo, dobbiamo affrontare una mancata elaborazione del lutto. Fra i disagi maggiori registriamo un’angoscia diffusa, sfiducia, mancanza di prospettive, senso d’insicurezza e paura di morire. La convivenza forzata ha acuito anche le conflittualità di coppia”. Telefonate particolarmente toccanti sono state quelle di chi, in prima persona, ha sperimentato sulla propria pelle cosa significhi essere positivo al Covid: “Sono testimonianze − ha continuato − di chi ha vissuto il trauma del ricovero, l’esperienza che li ha portati dal pronto soccorso alla rianimazione. Hanno visto morire chi gli era accanto. Il nostro ascolto, le nostre parole, servono a curare queste ferite dell’anima”.
Nicoli. Ugualmente impegnato nel progetto è il Consultorio diocesano: “Durante le prime due settimane − ha sottolineato Francesca Nicoli, direttore gestionale − erano circa 6 le telefonate quotidiane. Con il passare dei giorni sia le richieste di supporto psicologico sia di accompagnamento spirituale sono andate scemando. Oggi riceviamo dalle due alle tre chiamate al giorno. Questo perché dopo la prima telefonata spesso è emersa una problematica più profonda. Talvolta è sufficiente una chiacchierata, in altri casi, invece, è necessario l’intervento del terapeuta piuttosto che del consulente familiare o del pedagogista. A don Giorgio Comini è invece affidata la gestione dell’accompagnamento spirituale”. Rispetto all’inizio dell’emergenza sono aumentate le prese in carico. Solo nella scorsa settimana sono stati registrati 5 casi su un totale di 20 dall’attivazione del servizio. L’80% degli utenti del Consultorio ha già aderito al supporto che, con la chiusura fisica della struttura di via Schivardi, viene effettuato attraverso una piattaforma online tramite la quale si possono effettuare le video consulenze. L’utenza è composta da due fasce d’età: la prima va dai 40 ai 50 anni e la seconda dai 70 agli 80. “Per gli anziani − ha continuato − la lontananza dai propri cari è la problematica più frequente. Una videochiamata non può sostituire il calore di un abbraccio. C’è poi chi ha manifestato stati d’ansia perché preoccupato del proprio futuro occupazionale e, quindi, economico. Sempre l’ansia è alla base dei disagi di chi, da solo a casa, ha paura di ammalarsi. La maggior parte delle persone ha lamentato un forte stress scaturito dalla convivenza forzata h24. Si trattava di problemi con il coniuge piuttosto che criticità legate alla gestione dei figli, anche loro costretti a casa. Non è raro che i genitori si sentano, in questa situazione, inadeguati nella gestione della vita familiare”. Non sono mancati casi di mancata elaborazione del lutto: “Tre settimane fa – riportava la drammatica testimonianza − hanno portato al pronto soccorso mio fratello. Me l’hanno fatto rivedere solamente chiuso in una bara”.