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Brescia
di MASSIMO VENTURELLI 20 set 2024 06:14

Alzheimer: la cura migliore è la relazione

In occasione della Giornata mondiale che si celebra domani, 21 settembre, Brescia mette in campo diverse iniziative di sensibilizzazione. Giuliano BInetti, dell'Irccs San Giovanni di Dio illustra i passi avanti della scienza ma anche l'importanza della comunità

La Giornata Mondiale dell’Alzheimer, celebrata ogni anno il 21 settembre, rappresenta un’occasione fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla malattia di Alzheimer, una delle forme più comuni di demenza che colpisce milioni di persone nel mondo. A Brescia,che nel novembre 2023 è stata inserita nella rete delle città amiche della demenza, si è dimostrata ancora una volta molto vicina ai malati e alle loro famiglie, organizzando, per Ia Giornata dal 21 settembre una serie di iniziative che proseguiranno fino al 23 settembre. Dalle proiezioni curate da Brescia Musei, alle presentazioni di libri fino agli incontri con i professionisti che si sono tenuti in città nei giorni scorsi, anche il programma del prossimo weekend è denso di appuntamenti. Venerdì 20 settembre, alle 17, nella Sala Savoldi di Piazzale Repubblica, l’autore Ambrogio Manenti presenterà il film-documentario “La comunità che fa salute: l’esperienza delle Microaree di Trieste” di Spi-Cgil. Sabato 21, dalle 10 alle 19, proseguirà “Sotto la Loggia: Brescia Città amica delle persone con demenza” (proiezione a ciclo continuo di corti di animazione alternati a brevi interventi di esperti, con la distribuzione dell’opuscolo “Diritto di essere fragili”), nel frattempo, dalle 9 alle 12, numerose biblioteche della città presenteranno vari libri sul tema e distribuiranno lo stesso libretto. In serata, infine, è in programma, alle 18.15, al Cinema Nuovo Eden, grazie al supporto della Fondazione Brescia Musei, la proiezione del film “A Memoria Infinita” di Maite Alberdi. Chiuderà la rassegna dedicata alla malattia neurodegenerativa la presentazione del libro “Pagine di Alzheimer” di Anna Della Moretta e Marco Trabucchi, di lunedì 23 settembre, alle 18.

A Brescia tra le realtà a farsi carico della cura e del sostegno dei malati di Alzheimer e dei loro famigliari c’è l’Irccs San Giovanni di Dio, impegnato nello sviluppo di nuove terapie e nel supporto a pazienti e famiglie. Tra le principali problematiche che ogni giorno vengono affrontate nella struttura di via Pilastroni, ci sono l’isolamento sociale e il senso di abbandono che colpisce sia i malati che i loro familiari. “Brescia − afferma il neurologo Giuliano Binetti che fa parte dell’unità che all’Ircss si occupa di Alzheimer − rappresenta un modello virtuoso al lavoro per rafforzare sempre di più il sostegno comunitario e l’inclusione”, come conferma in questa intervista.

Nonostante gli sforzi profusi, anche a Brescia il termine Alzheimer, per quanto della malattia si parli molto di più che in passato, spaventa e destabilizza…

La parola continua a fare molta paura alle famiglie, forse, non per la malattia in sé, ma per tutto quello che la patologia porta come conseguenza. Veniamo ogni giorno a contatto con famiglie che vivono la diagnosi come una sorta di condanna all’isolamento, alla chiusura, che, almeno in prima battuta, non prendono nemmeno in considerazione il confronto con quelle realtà che sul territorio si dedicano allo studio e alla cura dell’Alzheimer. Per contro c’è da registrare la grande crescita, a livello di società e di agenzie che si occupano di salute, dell’attenzione a questa malattia. Brescia è al lavoro per definirsi sempre più e sempre meglio “città amica” delle persone colpite dall’Alzheimer.

Che tipo di approccio alla malattia proponete all’Irccs San Giovanni di Dio?

Nell’incontro con il paziente partiamo dalla diagnosi per arrivare poi alla presa in carico dello stesso e dalla sua famiglia. Abbiamo una serie di servizi che coprono l’intera fase della malattia non solo della persona colpita, ma anche della rete familiare che le gira intorno e che deve imparare, come il malato, a convivere con la patologia e con le sofferenze che questa produce. C’è poi tutto il comparto di ricerca che, nel corso degli anni, ha fatto grandi passi in avanti.

La ricerca ha stabilito se l’Alzheimer si può prevenire?

Questo è un campo di ricerca ancora aperto, anche se sappiamo che le grandi campagne di prevenzione contro le grandi patologie come il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa e la lotta al fumo e all’obesità ci stanno dicendo che hanno una correlazione diversa con l’insorgere di diverse forme di demenza all’interno della popolazione. Una vita sana e attiva non solo sul versante fisico, ma anche cognitivo è sicuramente un buon antidoto all’insorgere dell’Alzheimer non solo nell’età avanzata. Tutto questo è fare prevenzione. L’Irccs su questo versante ha messo a punto protocolli che sono a disposizione di tutti.

Anche nel Bresciano, aumenta il numero delle persone che manifestano sintomi dell’Alzheimer in età sempre più giovane…

Si tratta di un dato che riscontriamo ogni giorno in ambito clinico. L’età di insorgenza della malattia si è abbassata, ma il dato è da inquadrare nella giusta prospettiva, per evitare inutili allarmismi. Rispetto al passato, infatti, sono migliorati gli strumenti che consentono, anche sulla base di pochissimi segnali, una diagnosi precoce della malattia. L’Alzheimer, dunque, non è diventato più aggressivo. Sono la scienza e i suoi strumenti ad avere compiuto enormi passi in avanti.

La pandemia ha peggiorato la situazione delle famiglie chiamate a gestire il malato di Alzheimer?

L’isolamento a cui per tanti mesi sono state costrette queste famiglie le ha di fatto allontanate dalla possibilità di essere prese in carico e supportate. Da questo punto di vista sono stati due anni drammatici nella gestione di una malattia che si alimenta soprattutto di legami sociali. Oggi vediamo ancora gli effetti negativi che il Covid ha prodotto. Dobbiamo lavorare con maggiore intensità per recuperare

MASSIMO VENTURELLI 20 set 2024 06:14