Addio al reddito di cittadinanza
Da oggi stop alla misura introdotta dal primo governo Conte nell'aprile 2019. Nel Bresciano sono 725 le famiglie interessate dalla sospensione dell'erogazione. Le preoccupazioni delle Acli
Sono 725 nel Bresciano le famiglie che in questi giorni hanno ricevuto, tramite sms o email, dall’Inps la comunicazione che a partire da oggi, martedì 1 agosto, non riceveranno più il reddito di cittadinanza, introdotto dal primo governo Conte (quello dell’Alleanza con la Lega di Salvini) nell’aprile 2019. Complessivamente tra Brescia e provincia sono stati negli anni oltre 10.500 i percettori del Reddito di cittadinanza. Nella comunicazione inviata dall’Inps, in occasione del pagamento dell'ultima rata di Reddito di cittadinanza ai percettori che hanno già fruito di 7 mensilità nel 2023 si legge anche che “nell'eventualità della presa in carico dei servizi sociali, la sospensione sarà revocata”. L’ipotesi, però, interessa “esclusivamente le persone che versano in un particolare stato di bisogni complessi e di difficoltà di inserimento sociale o lavorativo. La presa in carico non potrà quindi riguardare tutti i soggetti che sono già stati o potranno essere indirizzati proficuamente ai servizi per l’impiego per intraprendere percorsi lavorativi e per i quali lo stesso decreto-legge ha previsto l’accesso alla nuova misura del Supporto formazione e lavoro a partire dal mese di settembre”.
Chi da oggi non riceve più il Rdc ed è ritenuto occupabile, perché con un’età compresa tra i 18 e i 59 anni e senza persone disabili o minori a suo carico, potrà ricevere 350 euro al mese come supporto alla formazione al lavoro attraverso gli sportelli dei Centri per l’impiego e l’Inps. Chi, al contrario, continuerà a percepire il sussidio, dal prossimo gennaio riceverà un contributo non inferiore a 480 euro, ma sempre su segnalazione dei Centro per l’impiego e dei servizi sociali. Le misure, però, sono temporanee perché, come stabilito dal governo Meloni ancora nello scorso mese di gennaio, a partire dall’1 gennaio 2024 entrerà in vigore il decreto Lavoro e l’erogazione dell’Assegno di inclusione. Il sussidio potrà essere richiesto solo dai nuclei familiari con componenti disabili, minori o over 60 e potrà arrivare a 500 euro al mese moltiplicati per la scala di equivalenza fino a un massimo di 2,2. La scala vale uno per il primo componente, 0,5 per ogni altro componente con disabilità, 0,4 per gli altri componenti over 60 o con carichi di cura, 0,15 per i bambini fino a due anni e 0,10 per gli altri minori.
“Un paese che non misura le sue politiche sugli ultimi e sui poveri ha fallito l’obiettivo più importante: ridurre le diseguaglianze per consentire a ognuno di vivere in dignità”. Così le Acli nazionali, con una nota, hanno commentato l’arrivo del 1° agosto, che di fatto rappresenta la data di morte dello strumento ideato dal M5S. Le Acli che in un una nota esprimono tutta la “preoccupazione per la sospensione dell’erogazione del Reddito di cittadinanza per le 169mila le famiglie italiane che vivono in povertà assoluta e in condizioni di fragilità sociale e che da martedì prossimo non percepiranno più un reddito minimo che gli consentiva di affrontare le difficoltà economiche più impellenti. A questi non resteranno altri riferimenti che i Comuni e i servizi sociali, già provati da organici sottodimensionati e con un numero di assistenti sociali insufficienti”.
Al governo, le Aci chiedono di “prorogare urgentemente il pagamento delle mensilità almeno sino alla fine dell’anno intervenendo già da subito con una nuova misura che tenga conto della situazione dei 6 milioni di poveri assoluti in attesa di una risposta strutturale. Anche nella prospettiva della prossima scadenza che interesserà un’altra importante platea di cittadine e di cittadini per i quali, per effetto della stessa legge, tra pochi mesi cesserà l’erogazione del contributo, le Acli chiedono inoltre al governo di mettere i Comuni italiani nelle condizioni di intervenire e di non dover gestire emergenze dagli esiti sociali imprevedibili".
ntanto qualche sindacato già promette di rispondere con manifestazioni di piazza. “Con la fantasiosa narrazione dell'occupabilità, il governo Meloni ha deciso di far sprofondare nel baratro della povertà circa 700mila persone tra disoccupati ma anche tra lavoratori e lavoratrici che con il RdC potevano integrare il salario, eliminando così quel minimo strumento di tutela che per qualche anno ha consentito di fronteggiare il progressivo peggioramento delle condizioni della fascia più debole della società”, si legge in una nota dell’Unione sindacale di base. “Il governo che sostituisce il rinnovo dei contratti con bonus e mancette di vario tipo, il governo che sostituisce il reddito di cittadinanza con una vergognosa social card, prosegue la sua guerra contro i poveri. Mentre i profitti delle banche raddoppiano, l’Ocse certifica che il nostro è il Paese dove si registra il più forte calo dei salari e i prezzi dei beni di prima necessità continuano a rendere sempre più complesso soddisfare i bisogni primari. È l’ortodossia liberista della quale questo governo è un perfetto interprete”. E il 2 settembre – in concomitanza con il Forum Ambrosetti - è già annunciata dal sindacato una “manifestazione nazionale che vuole attraversare le strade di Cernobbio per rivendicare una politica che metta al centro gli interessi dei lavoratori e dei ceti popolari e non quelli della grande industria e della finanza”.
Ad annunciare una manifestazione di fronte alla sede Inps di via Nizza 156, a Roma, è anche la campagna “Ci vuole un reddito”. “Saremo in piazza alle 12 davanti alla sede Inps di via Nizza 156 per protestare contro l'abolizione di questa importante misura – si legge in una nota - Tra le persone seguite dalle nostre realtà associative, sindacali, sociali, circa la metà perderà il reddito, 175 mila persone nella sola città di Roma. Il nostro paese e tutta l'Europa sta attraversando una delle fasi più difficili degli ultimi decenni ed il governo Meloni invece di dare risposte e ampliare gli strumenti di lotta alla povertà, taglia il welfare e scarica le conseguenze sui Comuni da un lato, salvando però i grandi evasori fiscali dall’altro mettendo a rischio per loro le casse dello Stato”.