Accoglienza? La sfida di Confcooperative
La sigla di via XX settembre in campo: le cooperative, da sempre attente a dare risposte ai bisogni del territorio, si occupano anche di questa nuova forma di povertà. L'invito, dati alla mano, a non ridurre il fenomeno migratorio nel Bresciano alla sola questione dei profughi. "I richiedenti asilo - sottolinea il presidente Menni - sono solo una piccola parte di questa realtà".
Parlare oggi di immigrazione è difficile, oltre che estremamente impopolare. Le politiche restrittive adottate dal ministro Salvini sembrano, infatti, aver dato la stura a una serie di rancori e malumori mai sopiti nei confronti del tema. Per rendersi conto dell'estrema difficoltà che si incontra nell'instaurare sul tema immigrazione un dibattito serio, libero da pregiudizi e scarsa conoscenza di cause e argomentazioni è sufficiente leggere quanto viene quotidianamente postato su Facebook e altri social. Oggi è praticamente impossibile discutere in modo franco di immigrazione: troppi sono i livori che il solo acccennare alla questione sembra scatenare.
Fortunatamente, però, c'è chi nella società civile non si rassegna a questa situazione e cerca di arrivare laddove la politica oggi non sembra o non vuole avere gli strumenti per arrivare, e lo fa non ricorrendo a ragionamenti astratti o sulla scorta di affermazioni di principio, ma con la forza dei numeri.
Protagonista di questo sforzo è Confcooperative Brescia che ieri ha convocato la stampa per illustrare quanto le cooperative fanno nella gestione del fenomeno migratorio a Brescia, collocando questa azione all'interno dei dati elaborati dal Centro iniziative e ricerche sulle migrazioni dell'Università Cattolica di Brescia che di anno in anno fotografa con precisione millimetrica le dimensioni di questa presenza in città e provincia. Un'azione che contribuisce a fare di Brescia un modello nazionale nel campo dell'accoglienza dei migranti.
La presa di posizione di Confcooperative è una risposta, in sede locale, diretta a quel pensiero sempre più ampio che il "traffico" dei profughi sia in qualche modo sostenuto dal mondo della cooperazione che vedrebbe nella gestione di queste presenza una notevole "fonte di reddito".
"Nell'affrontare un tema caldo come quello dell'immigrazione - ha affermato Marco Menni, presidente di Confcooperative Brescia - è necessario partire da un dato di chiarezza. Nel Bresciano quella dei profughi è solo una parte estremamente piccola nel più vasto panorama del fenomeno migratorio". I richiedenti asilo presenti oggi nel Bresciano sono infatti solo 2700 (2300 quelli accolti con il sistema Cas e 420 quelli inseriti nel sistema Sprar), a fronte dei 188mila stranieri presenti sul territorio della provincia, il 92% dei quali con regolare permesso di soggiorno. Ad aumentare i numeri di questa presenza, ha continuato Menni facendo riferimento anche ai dati elaborati dalla Cattolica e presentati nel dettaglio da Valerio Corradi, non sono certo i nrofughi, ma le richieste di ricongiugimento familiare avanzate da chi risiede regolarmente da anni nel Bresciano e ha un lavoro stabile.
Sono numeri, quelli elencati da Menni, che dovrebbero aiutare l'opinione pubblica, anche quella bresciana, a superare pericolosi luoghi comuni. Le cooperative che nel Bresciano si occupano oggi di accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo non lo fanno certo per rimpinguare le proprie casse.
"Il nostro interesse per questo nuovo genere di povertà - hanno dichiarato tutti i rappresentanti delle coooperative presenti alla conferenza stampa e in prima fila nella gestione di questa accoglienza - è frutto di una attenzione originaria ai bisogni e alla disponibilità a trovare a questi risposte sempre nuove".
Gli stessi numeri presentati dalle diverse cooperative presenti alla conferenza stampa (Fraternità, Il Mosaico, Un sole per tutti, Cascina Clarabella, Tempo libero) confermano che quella dell'accogliuenza dei profughi non lascia spazio ad alcun dubbio sulla "scarsa" redditività di questa attività. Anzi. Con quanto passa lo Stato alle cooperative (35 euro al giorno per ogni profugo accolto con il sistema Cas e secondo quanto stabilito dai progetti Sprar) non c'è molto da sprecare, anche perché, è stato sottolineato, ogni cooperativa mette a punto per ciascuno dei suoi ospiti progetti personalizzati. "Se il ministro Salvini - è stato sottolineato nel corso della conferenza stampa - dovesse dare seguito all'idea di ridurre a 25 euro al giorno il contributo, per molte cooperative sarebbe impossibile continuare a operare".
Gli scenari che vanno adombrandosi all'orizzonte non sembrano però limitare l'azione di quella parte di cooperazione che si occupa di accoglienza. Anzi. A breve grazie alla collaborazione tra Confcooperative, Università Cattolica, Federalberghi, Svi e altre realtà prenderà il via un'azione formativa condivisa sul territorio. Duplice lo scopo di questa iniziativa: aiutare le cooperative, in costesti oggettivamente difficili e segnati da grandi chiusure, a comunicare ai territori di riferimenti ciò che stanno facendo su questo fronte; in secondo luogo aiutare le stesse cooperative a conoscere meglio i contesti geopolitici da cui arrivano i profugi ospitati.
"Tutto questo- è stata la conclusione di Marco Menni - per far comprendere che l'accoglienza dei profughi è solo l'ultima risposta, in ordine di tempo, che il mondo della cooperazione bresciana ha dato a bisogni del territorio".