Aaa: medico di famiglia cercansi
Nel Bresciano, con una accentuazione nei quartieri periferici della città, si cominciano ad avvertire gli effetti del progressivo pensionamento di tanti medici di base. Un problema che potrebbe toccare anche la riforma sanitaria regionale del 2015 che affida a queste figure un ruolo di primo piano
Di qui a qualche mese potrebbe diventare una vera e propria emergenza, con buona pace della recente riforma sanitaria affida ai medici di base un ruolo di primo piano. Entro tre anni, infatti, oltre il 40% dei medici di famiglia che opera nel Bresciano raggiungerà l’età da pensione (65 anni). Tradotto in cifre questo Significa che circa 300 medici di base sui 736 attualmente in servizio potrebbero “appendere il camice al chiodo”, con evidenti conseguenze sulla popolazione, visto che la scuole regionali non riescono a supplire ai vuoti che si creano con i pensionamenti. Il corso triennale, come ha avuto modo di ricordare nelle scorse settimane il direttore dell’Ats di Brescia Carmelo Scarcella, produce ogni anno 90 nuovi medici di base. Il problema è che si tratta di un numero che riguarda l’intera Lombardia dove vivono 10 milioni di abitanti, di cui un terzo presenta almeno una patologia cronica.
E con i medici di famiglia investiti dalla riforma sanitaria regionale del 2015 del ruolo di primo anello della presa in carico dei pazienti cronici sul territorio, le prospettive che si preannunciano non sono di certo rosee.
Qualche avvisaglia degli scenari possibili si è già avuta sul finire dello scorso anno, quando con il 23 pensionamenti registrati tra i medici di famiglia bresciani si sono verificate le prime difficoltà e i primi disservizi. E così, a eccezione della Valle Camonica, sono già 39 nel resto del Bresciani gli ambiti che patiscono una carenza, per via di medici che hanno scelto la pensione o si sono trasferiti. Sono soprattutto i quartieri periferici della città a patire i maggiori disagi. Al Villaggio Sereno, per esempio, la scelta di un medico di famiglia di spostare il proprio ambulatorio a Mompiano sta creando non poche difficoltà ai 370 mutuati. Il mondo del volontariato si è attivato in aiuto della parte più anziana degli assistiti per supportare gli spostamenti verso il nuovo ambulatorio. Disagi più o meno analoghi potrebbero registrarsi in altri quartieri della città dove dovrebbero essere imminenti nuovi pensionamenti. Sull’argomento ha preso posizione in questi primi giorni del 2018 anche Fabio Rolfi, consigliere regionale della Lega e presidente della Commissione regionale per la sanità e le politiche sociali.
“Quello che si sta manifestando in certi quartiere della nostra Città – si legge in una sua nota stampa - è l’evidenza di un problema grave della Sanità italiana e lombarda: la mancanza di medici di famiglia rispetto alle necessità del territorio e di una società che tende a invecchiare, da cui conseguono maggiori domande assistenziali.”
“Purtroppo – prosegue il consigliere regionale – rispetto al turn over pensionistico, che fra qualche anno raggiungerà il suo picco, viene formato meno del 10% di medici di famiglia, percentuale necessaria per garantire il ricambio; questo accade a causa delle scarse risorse che Roma e il Ministero mettono a disposizione per i corsi di formazione specialistica, che sono sì organizzati a livello regionale, ma su una base di programmazione nazionale”. Rolfi rivendica al proposito la necessità di maggiori fondi da destinare alla formazione dei medici di famiglia e di più autonomia in questo ambito. “Non a caso – continua - nella trattativa con Roma abbiamo chiesto proprio più margini di manovra per programmare l’attività di formazione specialistica, arrivando almeno a raddoppiare il numero di medici di medicina generale che vengono formati in Lombardia”. Il presidente della Commissione regionale per la sanità e le politiche sociali auspica anche l’introduzione di incentivi per favorire la collocazione dei medici fi famiglia nei luoghi più disagiati: “Oggi – dichiara al proposito - a subire questa problematica sono soprattutto i cittadini che abitano in certi quartieri delle grandi città, piuttosto che coloro che risiedono nelle zone periferiche, montane o di pianura”