Joker: Folie à deux
A cinque anni dalla vittoria del Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia esce nelle sale con Warner Bros. il sequel di “Joker”: è “Joker: Folie à deux” firmato sempre da Todd Phillips. A livello narrativo l’autore continua a discostarsi dal racconto fantastico, dal perimetro del fumetto, per percorrere il binario del film di denuncia sociale, cui aggiunge questa volta anche inserti onirici in chiave musical.
La storia. Gotham City. Il noto clown violento Joker, ovvero Arthur Fleck, è agli arresti in una struttura per disagi mentali. Sta per essere processato con l’accusa di omicidio. Indifferente e distaccato, Arthur riscopre entusiasmo per la vita grazie all’incontro con la ribelle Lee, ricoverata nella stessa struttura. Tra i due sboccia una passione che irradia l’orizzonte dell’uomo di colori e musiche avvolgenti, che vivono come performance musicali nelle sue stanze interiori. Arthur però deve capire se rinunciare o meno alla maschera di Joker, se essere se stesso oppure l’“icona” ribelle che la società acclama contro i poteri forti…
“Chi è Arthur Fleck? E da dove viene la sua musica interiore?”. Sono gli interrogativi da cui è partito Todd Phillips nello sviluppare il sequel di “Joker”. Con il co-sceneggiatore Scott Silver individua la chiave giusta per tornare a raccontare l’esistenza tragica e umiliata dell’aspirante comico Arthur Fleck, che non trovando possibilità di riscatto nella vita si era abbandonato alla violenza. Aveva indossato la maschera di Joker. Questo nuovo film ci porta ad approfondire la genesi del male nell’uomo e nella società, aprendo anche a momenti di evasione in chiave musicale, con omaggi a Frank Sinatra ed Ella Fitzgerald.
E Phillips fa centro ancora una volta. Il suo “Joker: Folie à deux” sa mettersi al seguito del primo titolo, trovando però una chiave narrativa e stilistica che lo rende differente, autonomo, riuscito. Il regista seguita nel raccontare la parabola discendente dell’antieroe Arthur Fleck, esplorandone fratture interiori, traumi e bruciante solitudine. Dopo il primo capitolo in cui l’uomo si abbandonava (pericolosamente) alla vendetta, sentendosi respinto da tutto e tutti, qui è come se chiudesse il cerchio o, meglio, ritornasse al punto di partenza. Arthur si toglie la maschera del villain Joker e accetta di essere sé stesso, accetta le proprie finitezze e imperfezioni, aprendo alla possibilità di pagare per i propri errori. E fa tutto ciò perché il sentimento è arrivato a bussare alla sua porta: per la prima volta Arthur sperimenta l’amore, l’essere desiderato. Prima riottosamente, poi con rassegnazione, l’uomo abbraccia il proprio destino, senza più filtri e maschere, costi quel che costi.
A livello formale, “Joker: Folie à deux” è ottimo per regia, gestione del racconto, linea narrativa nonché per la performance maiuscola di Joaquin Phoenix e Lady Gaga. Tematicamente il film resta sfidante, perché scandaglia la dimensione della disperazione e della fragilità umana, senza mostrare appigli di risalita. Un racconto ombroso e dolente che volteggia su note musical, un musical però segnato da tragicità e disillusione. Complesso, problematico, per dibattiti.