Francesco in Mongolia. Sperare insieme
“Una terra grande e una chiesa piccola”. È la Mongolia, la terra che Papa Francesco ha visitato come 43esimo viaggio apostolico. “Piccola nei numeri – ha aggiunto ancora il Pontefice – ma viva nella fede”. Nel cuore dell’Asia, la Mongolia, stretta tra Russia e Cina, per la prima volta ha visto il Papa di Roma solcare le sue strade. Lo speciale di Rai Vaticano “Francesco in Mongolia. Sperare insieme” di Stefano Ziantoni, scritto con Marco Clementi e Nicola Vicenti, in onda su Rai1 domenica 10 settembre alle 00.40, dopo lo Speciale Tg1, è il racconto in presa diretta del viaggio del Pontefice in questa terra vasta, dove cielo e terra si incontrano senza toccarsi. Un popolo definito “guerriero” perché discendente da Gengis Khan, un popolo nobile, saggio, con una grande tradizione religiosa.
“La Chiesa in Mongolia è una Chiesa giovane – dice a Rai Vaticano il missionario della Consolata padre Ernesto Viscardi - ha solo 30 anni. Su poco più di tre milioni di abitanti sono 1500 i battezzati cristiani. “Siamo impegnati fondamentalmente nel settore pastorale e in quello sociale – sono ancora parole di Viscardi – i due pilastri in cui si è mossa la Chiesa in questa terra sconosciuta per noi fino al 1992”. Nella cultura del popolo mongolo l’amicizia e l’accoglienza sono identitari. Di origini nomadi, i Mongoli conoscono il valore del “cammino”. “La vostra sapienza, sedimentata in generazioni di allevatori e coltivatori prudenti, sempre attenti a non rompere i delicati equilibri dell’ecosistema - ha sottolineato Francesco nell’incontro con le Autorità del Paese - ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente e feconda”.
E ovunque nella steppa e nel deserto il simbolo di questa accoglienza è la ghir, la tradizionale tenda dei pastori, simbolo di vita e di comunità. Una comunità, quella mongola, che vive i cambiamenti e i passaggi non facili da una economia ex sovietica a una di mercato. Nella capitale Ulaan Baatar vive la metà della popolazione. E qui l’impegno sociale dei cattolici si fa più evidente: asili, scuole, ambulatori e case per anziani. “E’ una terra benedetta, con un popolo altrettanto benedetto, con una storia affascinante”. Sono le parole del Prefetto Apostolico Giorgio Marengo, che Francesco ha nominato cardinale nel concistoro dello scorso anno. Giovane missionario della Consolata, arrivato in Mongolia oltre 20 anni fa, ha da poco inaugurato una nuova chiesa a forma di ghir, di tenda. “È un paese che non si finisce mai di scoprire e di amare, la Mongolia può aiutare ad allargare lo sguardo, a riandare all’essenziale”. Per questo parlare di Chiesa in uscita o Chiesa di periferia, può non essere appropriato per una terra, sì distante e lontana dalle nostre abitudini, ma dove forte e autentico è l’essenziale della fede.