Sinodo: la parola famiglia non suona più come prima
La Relazione finale del Sinodo è stata approvata "con una maggioranza estremamente ampia" e ha ricevuto in ognuno dei 94 paragrafi la maggioranza qualificata dei due terzi, che sui 265 padri sinodali presenti era pari a 177 voti. Indicata la strada del "discernimento" per i divorziati risposati. L'attenzione agli omosessuali che vivono in famiglia. La cifra complessiva dell'accoglienza e della misericordia
“Che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia?”, si è chiesto il Papa: “Significa aver ascoltato e fatto ascoltare le voci delle famiglie”, una delle risposte: “Significa aver dato prova della vivacità della Chiesa cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia. Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole indottrinarlo in pietre morte da scagliare contro gli altri. Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori”.
“Superare l’ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”. È uno dei tratti del Sinodo, in cui “le opinioni diverse si sono espresse liberamente, e purtroppo talvolta con metodo non del tutto benevoli”. “La sfida che abbiamo davanti è sempre la stessa”, ha detto Francesco: “Annunciare il Vangelo all’uomo di oggi, difendendo la famiglia da tutti gli attacchi ideologici e individualistici”. Senza, però, “mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri”, ma cercando “di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che tutti gli uomini siamo salvati”.
“Discernimento e integrazione”: sono le due parole d’ordine della relazione finale. “I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo”, si legge nella terza parte del documento, dedicata alle “situazioni complesse” delle famiglie. “La logica dell’integrazione - si spiega nel testo - è la chiave del loro accompagnamento pastorale. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle”, e “la loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate”. Una “integrazione”, questa, “necessaria pure per la cura e l’educazione cristiane dei loro figli”. Per il “discernimento”, il documento citato è la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II, dove si esortano i sacerdoti ad “accompagnare le persone secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del vescovo”. Nei confronti delle persone con tendenza omosessuale, si ribadisce che “ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale”, va “rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni ingiusta discriminazione” e si rinnova il no ai “progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali”. Su matrimoni civili o unioni di fatto si può crescere verso la “stabilità”, “tolleranza zero” su violenze in famiglia e abusi sessuali sui minori.
M. MICHELA NICOLAIS
26 ott 2015 00:00