di SAVIO GIRELLI
03 set 2015 00:00
Primi passi di danza
In una società in cui nessuno è più capace di ammettere le proprie colpe la nostra liturgia ci invita a danzare con il Signore riconoscendo i limiti umani
L’atto penitenziale è pure il primo elencato tra quelli “assai utili per manifestare e favorire la partecipazione attiva dei fedeli” (Principi e norme per l’uso del Messale Romano, 16). L’invito al pentimento viene compiuto da tutta la comunità mediante la confessione generale e si conclude con l’assoluzione del sacerdote. Secondo le indicazioni del Messale a questo invito segue un tempo di silenzio. Segue poi la formula che può variare. La prima è il conosciutissimo “Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole….” Questa formula che sembra risalire al secolo VIII, nel passato era venuta ad appesantirsi con riferimenti devozionali: ci si confessava non solo a Dio e alla Beata Vergine, ma anche al beato Michele Arcangelo, al beato Giovanni Battista, ai santi Apostoli Pietro e Paolo, con l’aggiunta a volte di qualche santo locale.
L’aver lasciato solo il riferimento a Dio e ai fratelli esprime con molta sobrietà la duplice direzione della confessione: al Dio misericordioso che perdona e salva e alla Chiesa, manifestata da quella assemblea, che è il segno del perdono di Dio. Anche battersi il petto evidenzia che ciò che si compie non riguarda solo il singolo e Dio, ma sottolinea la dimensione pubblica e comunitaria dell’essere peccatori. Anzi, penitenti. E in una società in cui nessuno è più capace di ammettere le proprie colpe la nostra liturgia ci invita a danzare con il Signore riconoscendo i limiti umani e la sua sconfinata misericordia.
SAVIO GIRELLI
03 set 2015 00:00