Monari e l'accoglienza ai profughi: "Ci guidi la saggezza e non la paura"
Il vescovo Luciano Monari, dopo le prese di posizione dei giorni scorsi in merito al tema dell'accoglienza dei profughi, è tornato sull'argomento con una riflessione apparsa sul Giornale di Brescia
La Chiesa bresciana torna così a soffermarsi sul tema dell’accoglienza, ponendo innanzitutto delle domande: “Dobbiamo difendere lo statu quo o dobbiamo accettare la sfida che questi massicci spostamenti di popoli rappresentano? Dobbiamo accettare alcune trasformazioni nel nostro stile di vita in modo da condividere con queste persone il nostro benessere o dobbiamo rifiutare qualsiasi alterazione dell’equilibrio e difendere ad ogni costo ciò che possediamo? L’accoglienza di queste persone può migliorare la qualità umana del nostro paese o finirà per distruggerla? Una risposta esauriente richiederebbe precisazioni infinite: si tratta di ricevere persone di passaggio sul territorio o si tratta di inserirle nella vita economica e culturale del paese? Si tratta di persone che cercano uno spazio di libertà e di iniziativa o si tratta di infiltrati che intendono minare la convivenza del nostro paese?”.
Le risposte vengono affidate alla Storia, al depauperamento delle terre africane, alle differenze fra Paesi ricchi e Paesi poveri, ma anche, e soprattutto, a una concezione distorta del benessere, della distribuzione della ricchezza: “Dietro al rifiuto di accogliere altri nel nostro Paese - sono ancora parole di Monari - sta un’immagine errata. Si immagina che la ricchezza del paese sia una torta e che questa torta si debba dividere tra gli abitanti. Se aumenta il numero degli abitanti, diminuisce necessariamente il pezzo di torta che spetta a ciascuno. In realtà, non c’è nessuna torta. L’economia è un sistema in movimento nel quale la grandezza della torta varia secondo il lavoro dei pasticceri e secondo le richieste dei consumatori. Se crescono i consumatori, possono crescere i pasticceri; se i pasticceri inventano torte nuove, forse possono aumentare i consumatori".
Forse non è l'economia la reale preoccupazione, ma l'accettazione dell'altro diverso da noi. A sostenerlo è sempre mons. Monari che in questi termini conclude la sua riflessione: "Il problema centrale non è quindi accogliere o non accogliere, ma rendere le persone che arrivano funzionali a un maggiore dinamismo dell’economia. Fare questo richiederebbe un certo numero di attività (e quindi maggiori posti di lavoro) e produrrebbe a lungo termine una crescita di ricchezza. Il timore è che dietro al rifiuto di profughi e immigrati ci siano non autentiche preoccupazioni per l’economia del Paese, ma timori ancestrali del diverso, rifiuto del cambiamento, attaccamento istintivo allo statu quo. Niente di strano in questo; ma dobbiamo dircelo con sincerità per decidere secondo saggezza e non per paura".
REDAZIONE ONLINE
15 giu 2015 00:00