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Brescia
di M.VENTURELLI 30 gen 2015 00:00

La vita consacrata tra “l’antica strada e la vita nuova”

La vita consacrata e il mondo: un rapporto non ancora compiuto. Intervista a suor Enrica Rosanna per otto anni sottosegretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata in occasione della celebrazione del 2 febbraio in Cattedrale, a cui il vescovo Monari ha invitato l’intera comunità diocesana

Il 2 febbraio si celebra la Giornata della vita consacrata, un’occasione per pregare per i religiosi e le religiose, per la loro insostituibile presenza nel mondo della Chiesa. La contrazione delle vocazioni, il progressivo invecchiamento degli istituti sta però portando, a Brescia come in tante altre diocesi italiane, alla chiusura di tante comunità.

Scelte obbligate, dettate da motivi reali, ma che non sempre piacciono e sono comprese da comunità in cui la presenza delle suore o dei frati è da sempre data per scontata. Se la suora parte, è la domanda ricorrente, chi si occupa dell’anziano della casa di riposo, del malato in ospedale, dell’asilo, della distribuzione dei vestiti ai poveri (e di tante cose ancora)? Religiosi e religiose rischiano, insomma di essere percepiti nell’immaginario di tante comunità come i rappresentanti di una grande onlus del sociale. Una percezione che è reale, ma anche riduttiva.

Ad affermarlo è suor Enrica Rosanna, salesiana delle Figlie di Maria ausiliatrice, da qualche anno a Concesio dove, tra i tanti impegni, si prende cura della casa natale del Beato Paolo VI. Per otto anni è stata sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Un’esperienza, quella vissuta a Roma, che fa di suor Enrica una profonda conoscitrice del mondo dei consacrati, delle sue straordinarie potenzialità, ma anche dei limiti che segnano il rapporto con il mondo secolare.

“La principale preoccupazione della Congregazione – afferma – è quella di studiare la vita consacrata per aiutarla a essere fedele alla sua vocazione e accompagnarla nella sua vitalità”. “La vita consacrata – continua – a volte è messa da parte, non è compresa in tutta la sua natura, sorte che colpisce ancora di più la parte femminile. Il mondo e le comunità in cui siamo inserite non ci comprendono sino in fondo e la nostra presenza è percepita spesso solo in relazione ai servizi che svolgiamo”. Il mondo che vive al di fuori delle case delle religiose non riesce a comprendere, e forse non ha nemmeno gli strumenti per farlo, che quella della vita consacrata è una risposta d’amore grande.

“Una risposta sponsale – sottolinea ancora suor Enrica Rosanna – che fa del nostro essere nella Chiesa qualcosa di diverso, un di più rispetto a quello che facciamo nella quotidianità. Non a caso San Benedetto amava ripetere che le religiose devono essere apprezzate per quello che sono, o meglio, che vogliono essere più che per quello che fanno nel concreto delle giornate”. Tanti anni di vita religiosa, sono ormai 51, hanno però insegnato a suor Enrica a distinguere tra la presenza della vita consacrata nelle grandi città e quella nei piccoli paesi, dove la religiosa continua a essere grande punto di riferimento per la gente.

Tutto questo impone una serie di interrogativi che non possono essere disattesi: meglio le grandi opere specialistiche, le grandi scuole, i grandi ospedali o le piccole comunità significative? “Non c’è una risposta univoca – afferma – , bisogna avere la capacità di discernere caso per caso. La mia vita religiosa mi ha portato a vivere per 40 anni a Roma, in una grande struttura, a contatto con le grandi istituzioni. Oggi, però, sono contenta di essere a Concesio perché mi rendo conto che qui è ancora molto importante la dimensione del contatto umano. Qui la gente cerca ancora le religiose, soprattutto nei momenti di dolore, perché ha bisogno, come ha detto papa Francesco, di trovare persone che sanno confortare e cuori capaci di accoglienza. Nelle piccole comunità è possibile vivere ancora l’esperienza di una vita consacrata più umana, più vicina alla gente, più vicina a tante sofferenze”.

La vita consacrata, in special modo quella femminile, fa ancora fatica ad essere percepita dal mondo in tutta la sua pienezza. Per le religiose questo è un peso o è uno stimolo in più? “Il problema vero – è la sua risposta a questo interrogativo – è che dietro tutto questo c’è un concetto di donna che non è stato ancora messo pienamente a fuoco. La società dovrebbe scoprire la donna, non tanto dal punto di vista del potere, ma da quello della valorizzazione di alcune dimensioni che sono propriamente femminili e che potrebbero essere di grande aiuto al mondo di oggi, come la gratuità, il servizio, la prevenzione, il prendersi cura dell’altro”.

Nonostante Giovanni Paolo II abbia parlato di genio della donna, (“una definizione in cui noi consacrate ci riconosciamo pienamente”, afferma suor Enrica), nonostante la donna sperimenti già nel suo corpo l’esperienza dell’accoglienza, del limite, della vita che nasce dalla morte, caratteristiche che le sono date da Dio e che può immettere nella società, questa non la riconosce ancora pienamente.

“Come religiose – continua ancora – paghiamo poi un costo in più perché molti forse sono convinti che la nostra vita preveda come unico impegno quello della preghiera. La preghiera è il respiro della nostra vita e feconda tutti i nostri servizi, che sono molteplici. Da sociologa ho avuto modo di approfondire questi problemi e mi sono resa conto che il tema della donna e, a fortiori, della donna consacrata necessita ancora di un grande studio, non finalizzato ad occupare posti di prestigio o di potere, ma per fare entrare nella società quei valori che sono propri del nostro essere donne.

Un altro limite che condiziona la percezione che la società ha della vita consacrata è quello dell’invecchiamento, per cui si è propensi a pensare che una religiosa o un religioso anziano abbiano ormai poco da dare… “Anche qui – è l’affermazione di suor Enrica – dobbiamo affermare con decisione che anche chi ha scelto la vita consacrata ha conosciuto quel cambiamento del ciclo della vita che è di tutte le persone. Una suora anziana di mezzo secolo fa non è uguale a una suora anziana di oggi. Quando mi capita di parlare alle suore anziane non dimentico di invitarle a considerare la stagione della vita che stanno vivendo come quella della “giovinezza accumulata”, una stagione in cui va privilegiata la trasmissione, la comunicazione di quel patrimonio di esperienze di vita, di conoscenza della Scrittura, di fedeltà alla vocazione che è stato accumulato con gli anni”.

Queste interessanti considerazioni possono contribuire a portare nuova luce sulla celebrazione del 2 febbraio conosciuta da tanti bresciani, ma spesso considerata iniziativa suggestiva, bella da vedere, con tutte quelle religiose e quei religiosi in processione dal Duomo vecchio alla Cattedrale con in mano una candela… “Sì – afferma suo Enrica Rosanna –, a patto che si non si dimentichino le tre indicazioni che papa Francesco ci ha dato, per altro riassunte in modo efficace secoli fa da Sant’Angela Merici nella frase ‘Tenete l’antica strada e fate vita nuova’. Il Papa ci ha invitato a non dimenticare mai di fare memoria, perché abbiamo una storia di santità, una storia di Chiesa che è grande e bella, da cui abbiamo molto da imparare. Ci ha inoltre invitato a vivere bene il presente, con creatività e responsabilità e, per ultimo, ad avere lo sguardo puntato al futuro, con l’atteggiamento della profezia per lanciare al mondo le parole e il sogno di Dio che è quello di una umanità più piena. Tocca a noi tradurre tutto questo nel concreto della vita delle parrocchie, nelle comunità in cui siamo inserite, nell’incontro con la gente senza timori e con entusiasmo”.

Molto spesso, sottolinea ancora suor Enrica, le consacrate hanno paura di parlare della loro vita, dei loro sogni, dei loro desideri di bene. “Il mondo – conclude – ha bisogno anche della vita consacrata, ha bisogno di riscoprire le suore. Essere suore è bello hanno scritto alcune giovani sorelle religiose sulla porta della loro casa. Sì, essere religiose è bello. Questo 2 febbraio che ci prepariamo a celebrare sia un’occasione propizia per dirlo con la vita a tutti, soprattutto alle giovani generazioni, e sia anche l’occasione perché la gente dica una preghiera anche per noi suore. È questo il dono a noi più gradito”.
M.VENTURELLI 30 gen 2015 00:00