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Brescia
di R. GUATTA CALDINI 10 dic 2015 00:00

La “Casa del misericordiare”

L’opera-segno di Caritas voluta dalla Chiesa bresciana prenderà forma negli spazi dell’ex Seminario che si affacciano su via Garzetta

Accoglienza per i “senza tetto”, per i giovani in uscita dalle comunità per minori; formazione per gli animatori Caritas come per i ragazzi impegnati nel Servizio civile; uno spazio cottura a servizio del Rifugio Caritas, della Mensa Menni come delle varie realtà caritative che svolgono nella Diocesi il loro servizio e, non ultimo per importanza, un “laboratorio della pace”, un luogo dove giovani provenienti da Paesi diversi, ragazzi e ragazze di etnie e confessioni differenti, possano dialogare, dimostrando come la convivenza, pur nella diversità, non sia un miraggio. Sono queste le progettualità che presumibilmente nell’arco dell’Anno Santo prenderanno forma all’interno della “Casa del misericordiare”: l’opera-segno per l’anno giubilare – voluta dalla Chiesa bresciana – che sorgerà negli spazi dell’ex Seminario vescovile che si affacciano su via Garzetta.

Gli inviti del Papa. “La bellezza stessa del Vangelo non sempre può essere adeguatamente manifestata da noi, ma c’è un segno che non deve mai mancare: l’opzione preferenziale per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via”, scrive papa Francesco nell’Evangelii Gaudium. Un’opzione preferenziale – quella per gli emarginati – che ha sempre trovato accoglienza a Brescia: l’ultima attenzione, in tal senso, è il Rifugio Caritas che ha preso avvio nel novembre scorso. La tradizione nell’anno giubilare si rinnova con la “Casa” nella quale i “senza tetto”, oltre a trovare un luogo ospitale, saranno protagonisti dei processi di accoglienza e di socializzazione attivati dalla Caritas, per favorire con la creazione di spazi ricreativi e laboratoriali, il loro reinserimento nella società.

I giovani. Uno sguardo attento la Caritas lo riserva ai minori e ai giovani. “Prevediamo anche una piccola accoglienza per tutti quei ragazzi che oggi vivono in qualche comunità per minori, perché senza genitori, e che, arrivati al 18esimo anno di età, si trovano ad affrontare la quotidianità da soli”, ha sottolineato il direttore della Caritas diocesana, Giorgio Cotelli. L’idea è di offrire una “piccola comunità accogliente”. Sono inoltre in programma progetti riguardanti i giovani che frequentano l’Anno di volontariato sociale e il Servizio civile. “L’anno prossimo ci saranno più di 100 giovani pronti a vivere queste esperienze e lo faranno nella capillarità della Diocesi, in tutti quegli enti accreditati dalla Caritas per accogliere i giovani in servizio”. Un sogno a lungo perseguito che riguarda ancora i giovani è rappresentato dal “laboratorio della pace”, un luogo dove – anche a fronte della “terza guerra mondiale a pezzi” denunciata da papa Francesco – i ragazzi possano fare esperienza di riconciliazione e di pace. “Una comunità per la pace: è ancora un sogno il nostro – sottolinea Cotelli –. Potrebbero esserci alcuni ragazzi che fanno esperienza ‘internazionale di pace’. Stiamo parlando di quei giovani che hanno l’opportunità di essere qui, in Italia, magari per motivi di studio, provenendo da altri Paesi”. Ragazzi provenienti da etnie e culture diverse a cui verrebbe data la possibilità di sperimentare “la convivenza pacificante o riappacificante”.

La funzione pedagogica. Nella fedeltà al mandato della prevalente funzione pedagogica indicata da Paolo VI in occasione della fondazione della Caritas, la “‘Casa del misericordiare’ – è l’auspicio di Cotelli – vuole essere un luogo in cui sperimentare ‘il misericordiare’ e nel contempo offrire l’opportunità di discernere le azioni capaci di misericordia volte a favorire presenze di comunione e relazioni di prossimità”. In quest’ottica s’inquadra la futura attivazione di un laboratorio di formazione permanente per gli animatori Caritas che andranno a operare nelle unità pastorali.

L’obiettivo. L’auspicio del direttore della Caritas diocesana è che la “Casa” si configuri come un luogo da abitare insieme a quanti (singoli e istituzioni) vorranno condividere l’esperienza della misericordia a testimonianza di una Chiesa in uscita. È necessario “sperimentare la misericordia per varcare la soglia in direzione opposta – ha chiosato Cotelli –, per portare fuori la misericordia, riconoscerla e incontrarla già in opera”.
R. GUATTA CALDINI 10 dic 2015 00:00