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Firenze
di M. MICHELA NICOLAIS 14 nov 2015 00:00

Bagnasco: “Accompagnare le famiglie e porre attenzione alla scuola e all'università”

“Accompagnare le famiglie, anche con percorsi di educazione alla genitorialità e alla reciprocità”, e “porre nuova attenzione per la scuola e l’università”. Sono due priorità per il dopo-Firenze, indicate dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, concludendo i lavori alla Fortezza da Basso

“Siamo a ridosso del Sinodo”, ha aggiunto a braccio: “Come non portare la famiglia al centro della nostra attenzione?”. Ci vuole uno “stile sinodale”, ha aggiunto il presidente della Cei, per rispondere alle attese del Papa, alla vigilia del Giubileo della misericordia. “L’amore assolutamente fedele di Dio è il primo tratto del volto misericordioso di Gesù”, ha proseguito fuori testo, poi c’è la “tenerezza che consola”. “E’ l’amore misericordioso che genera la Chiesa e che ci porta a camminare insieme”, ha assicurato Bagnasco. “Per dare concretezza al discernimento, uno stile sinodale deve sapersi dare obiettivi verso i quali tendere”, ha aggiunto: di qui l’importanza di “riprendere in mano l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium”. “Con questo spirito facciamo ritorno alle nostre Chiese e ai nostri territori, rincuorati, confortati”, ha concluso, “senza la paura di guardare in faccia la realtà – anche le ombre – ma con la lieta certezza di chi riconosce, anche nella complessità del nostro tempo, la presenza operosa dello Spirito Santo, la fedeltà di Dio al mondo”

La Chiesa italiana distribuisce 6 milioni di pasti e sono 115mila le iniziative in favore dei vecchi e nuovi poveri. A ricordarlo, a braccio, è stato il cardiale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, concludendo i lavori alla Fortezza da Basso. Ripercorrendo la scansione del Convegno, il cardinale ha richiamato “le tante povertà che caratterizzano il nostro contesto sociale, e vanno a incidere sul vissuto concreto delle persone, lasciandole talora ferite ai bordi della strada”. “L’uomo rimane spesso vittima delle sue fragilità spirituali e della disarmonia che deriva dalla rottura di alleanze vitali”, ha ammonito Bagnasco, secondo il quale “è estremamente diffuso, oggi, un profondo senso di solitudine e di abbandono”. “Tanti – l’analisi del porporato – sono spinti ad accettare come verità assolute e incontestabili che il tempo sia denaro, con la conseguenza che solitamente non ne rimane per stare vicino agli ammalati e agli anziani; che il valore della persona sia legato alla loro efficienza, con l’effetto di scartare o sopprimere la vita imperfetta o improduttiva; che dipende essenzialmente dai beni materiali la qualità della vita”. Se manca “il collante della fiducia che tiene unita la società”, ha avvertito il presidente della Cei, si genera “un carico di sofferenza profonda e in genere inespressa, che rivela il bisogno di una luce per orientare il proprio cammino, e di una mano per non compierlo da soli”.

“La gratuità è un tratto tipicamente nostro, parlo dell’Italia. La vita di ognuno si decide sulla capacità di donarsi”, ha ricordato il cardinale, sottolineando che “al nostro mondo, spesso così esposto al rischio dell’autosufficienza o alla tentazione di ridurre Dio ad astratta ideologia, l’esistenza di Gesù, fattasi dono perfetto, rappresenta l’antidoto più efficace”. “Non basta essere accoglienti”, ha proseguito il presidente della Cei, ripercorrendo le cinque “vie” attorno a cui si sono articolati i lavori: “Dobbiamo per primi muoverci verso l’altro, perché il prossimo da amare non è colui che ci chiede aiuto, ma colui del quale ci siamo fatti prossimi”.

Abitare. “Anche alla luce di recenti fatti di cronaca, ribadiamo che l’impegno del cattolico nella sfera pubblica deve testimoniare coerenza e trasparenza”. Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco riferendosi alla via dell’“abitare”, che “significa essere radicati nel territorio, conoscendone le esigenze, aderendo a iniziative a favore del bene comune mettendo in pratica la carità, che completa l’annuncio e senza la quale esso può rimanere parola vuota”. “Non partiamo da zero”, ha ricordato Bagnasco, rimasto colpito “soprattutto dalle attese emerse dai giovani, dalla loro richiesta di riconoscimento, di spazi e di valorizzazione”.

“Il primo compito dei laici è animare cristianamente le realtà temporali”. Da “troppo tempo”, invece, i laici in Italia si sono “ritirati” da questo impegno che è loro peculiare. Durante la conferenza stampa di chiusura del Convegno di Firenze ha dichiarato: “Ho l’impressione che da troppo tempo i cattolici si siano sempre più ritirati da questo primario compito e si siano un po’ spostati sui servizi parrocchiali, di cui noi preti abbiamo bisogno, a scapito di una presenza più specifica dei laici, che consiste nello stare nella società per portare in essa il seme del Vangelo”. “I laici non devono voler essere clericalizzati – ha ammonito Bagnasco – ma devono abbracciare con fiducia, senza paura, con intelligenza e con coraggio l’animazione temporale, che non compete direttamente a noi pastori: a noi compete direttamente annunciare il Vangelo e formare le coscienze”. Di qui l’invito di Bagnasco, rivolto ai laici, ad “essere fermento in politica”, pronti anche ad affrontare senza timidezza “la virulenza della cultura diffusa”.

“Lo stile sinodale non è certamente una centralizzazione”. A precisarlo, rispondendo alle domande dei giornalisti, è stato il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei. “Una centralizzazione della Cei sarebbe contro lo stile sinodale”, ha ripetuto Bagnasco, ricordando che quest’ultimo “è un convenire nel confronto e nel discernimento per individuare alcuni obiettivi che si ritengono più adatti da raggiungere”. Tra gli obiettivi più urgenti per rispondere alle richieste del Papa, quello di “rileggere nelle diocesi l’Evangelii Gaudium, cercando di tradurla in alleanze virtuose sul territorio”. Per capire bene il metodo sinodale, Bagnasco ha rimandato al discorso pronunciato dal Papa durante il Sinodo, in occasione della commemorazione del cinquantesimo anniversario della sua istituzione. Francesco, in quell’occasione, aveva illustrato i “diversi livelli” della sinodalità: “Quello diocesano, con i Consigli presbiteriali e pastorali; quello regionale e quello nazionale, che spetta alle rispettive Conferenze episcopali e alla Chiesa universale”.

“Il pericolo maggiore nella Chiesa è la tiepidezza spirituale”. Il cardinale Bagnasco ha risposto in questi termini ad una domanda su quali siano i veri “nemici” della Chiesa: gli attacchi esterni, come i libri recentemente pubblicati tramite la divulgazione di notizie riservate, o gli attacchi interni, come gli scandali che in questi giorni travolgono alcuni esponenti ecclesiali.

Ci vuole una “continua conversione spirituale”, ha spiegato Bagnasco: “Se il mio cuore è freddo, se mi arrendo a una mediocrità elevata a sistema, io sono il peggiore pericolo per la comunità cristiana. Dentro e fuori di essa, divento capace di tutto”. Imperativo, questo, che vale anche per l “via” dell’educare: “Se non sono acceso, non accendo niente; se non sono libero, insegnerà certamente una falsa libertà; se sono sterile, autoreferenziale, che cosa dirò sull’amore?”.

Si chiama “Educare alla legalità”, ed è “un piccolo ma molto puntuale documento della Cei” di qualche decennio fa che “andrebbe riscoperto”, come antidoto alle “incrostazioni mafiose” che talvolta possono inquinare anche la Chiesa, come in alcune processioni religiose sul nostro territorio. “Riguardo al tema delle incrostazioni mafiose – ha detto Bagnasco – devo sentire i miei confratelli: una parola da dire come Conferenza episcopale non è di uno o di due vescovi, ma è decisivo consultarci tra di noi, magari già nel prossimo Consiglio permanente”. “Anche qui lo stile sinodale ci servirebbe”, ha commentato il cardinale.

Dolorosissima situazione”. Così il cardinale Angelo Bagnasco ha definito gli scandali che hanno travolto l’ex abate di Montecassino. Interpellato dai giornalisti durante la conferenza stampa di chiusura del Convegno di Firenze, ha fatto notare che “per questo in assemblea ho parlato di ombre, riferendosi a situazioni penose come, ad esempio, questa”. “Non è una grande consolazione, tanto meno vuole essere una giustificazione di niente – ha proseguito – ma in mezzo a una grande popolazione di vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi ci possono essere, purtroppo, anche esempi di vita contraddittori o azioni contraddittorie”. “Nessuna ombra deve oscurare la luce di tanti ministri di Dio, religiose e religiose, che vivono nella fedeltà alla loro vocazione, nella dedizione alla propria gente e ai propri doveri”. “Aiutateci a non oscurare questa grande luce!”, l’appello del cardinale: “Le ombre sono gravi e anche gravissime, ma facciamo in modo che non oscurino la grande luce che continua ad esistere”.
M. MICHELA NICOLAIS 14 nov 2015 00:00