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di CLAUDIO PAGANINI 03 mar 2025 10:35

Un pirata con la V bianca sul cuore

Quando lo incontri per strada, con la faccia sorridente, lo sguardo grintoso e il capello lungo, non puoi non riconoscerlo. È proprio lui: il pirata. A Brescia, tutti lo conoscono, per aver giocato sei anni nelle Rondinelle e per averne passati altri sette ad allenare le squadre giovanili. Luciano De Paola ha una lunga carriera da giocatore prima, proseguita da mister e culminata, oggi, da commentatore televisivo sulle emittenti bresciane.

Luciano, da dove nasce il soprannome “Il pirata”?

Fu il giornalista Ciro Corradini a battezzarmi con questo nomignolo. A Brescia diventai facilmente il beniamino della tifoseria per la grinta e le mie lunghe ciocche di capelli. Ma non era certo questa una novità. Già qualche anno prima a Cagliari mi chiamavano “Il guerriero”.

Ci vuole molta grinta per lasciare la nativa Crotone a 20 anni e decidere di vivere sempre con la valigia in mano. In carriera hai giocato in dieci diverse squadre (Crotone, Frosinone, Francavilla, Cagliari, Brescia, Lazio, Atalanta, Cosenza, e poi ancora Brescia e Cremapergo)...

Ovunque sono andato, mi sono guadagnato il rispetto di tutti. Non mi sono mai tirato indietro ma, con impegno e sacrificio, alla fine, ho vinto davvero tanto. Per quattro volte, ho conquistato il campionato portando la squadra di turno in Serie A… Con il Brescia, questo avvenne nel 1993 e 1998.

Appese le scarpe al chiodo, sei passato ad allenare in ben 14 diverse società sportive professionistiche di serie C e serie D...

Anche in queste esperienze, ho lavorato tanto per trasmettere competenza, entusiasmo e voglia di vincere. Alla fine, tutti mi hanno sempre voluto bene perché vivo senza ipocrisie. Io sono quello che vedete e sentite!

Hai vissuto stagioni sportive molto diverse...

Oggi, purtroppo, il calcio, e ancor di più il mondo, è radicalmente cambiato. Mi sta passando la voglia di andare allo Stadio Rigamonti. Ho sempre sottoscritto l’abbonamento con un mio amico di 83 anni, ma ormai da qualche tempo stiamo evitando di andare sugli spalti. Il “sardo” (il presidente Cellino, ndr) ci ha fatto passare la voglia. È triste! Ho sempre amato la maglia e giocato da leader, ma oggi si è creato un vuoto.

Sulle tv locali, adesso, sperimenti il ruolo di commentatore...

Sì anche se preferivo essere nell’arena del campo da gioco. Lì, con l’impegno, ci pensavo io a sistemare le cose… Dal di fuori, ora, noto solo gli aspetti negativi. Non ci sono più i giocatori di grosso spessore: gente come De Napoli, Iachini, Ancelotti, Albertini… Ci mettevano tanta personalità per gestire la squadra. I calciatori di oggi si perdono seguendo i social e curando la propria immagine. In pochi pensano a vivere lo spogliato. Ancor peggio, gli allenatori sono uomini rimasti soli.

E tu da chi sei stato formato?

Io ho vissuto a Crotone in mezzo alla strada! Nel mio quartiere, avrei potuto solo fare il giocatore o il delinquente. Lo sport ha fatto tanto per me. Mi ha cresciuto come uomo, come marito e come padre. Oggi sono felicemente nonno! Per me, la famiglia è fondamentale. Avendo possibilità economiche, ho aiutato i miei familiari e chi ne aveva bisogno. In questo mondo di egoisti, servono testimonianza positive. Lo dico sempre ai miei amici e ai tifosi: una società di calcio non può vivere solo sugli stipendi e sui guadagni. Se il “sardo” si comporta così, va lascito solo. Dovremo andare tutti via! A quel punto se ne andrebbe anche lui! Servono azioni estreme.

Poi chi prende in mano il Brescia?

La maglia del Brescia è pesante, sia per chi gioca sia per chi è chiamato a organizzare e gestire la società. Difficile prevedere chi vorrà farsene carico in futuro perché nessuno ama essere criticato e contestato.

Allora i colori bresciani non ha futuro?

Guardiamo, per esempio, al settore giovanile. Al tempo di Corioni, ho mandato 20 giocatori in prima squadra. Oggi è tutto allo sfascio. Non interessa a nessuno perché i dirigenti non hanno mai fatto calcio ad alti livelli, non conoscono il sacrificio e la cattiveria agonistica...

Tornando alla tua carriera. Avendo giocato un anno nell’Atalanta, non hai avuto difficoltà con i tifosi bresciani?

Mai! Anzi, sono sempre stato l’idolo della curva anche nei momenti di difficoltà, ho sempre rispettato i tifosi e, se qualcosa non andava, ci ho sempre messo la faccia. Mi sono conquistato il rispetto sul campo e nella vita.

Un augurio al Brescia Calcio?

Che la squadra salvi la categoria e che Cellino lasci la società.

CLAUDIO PAGANINI 03 mar 2025 10:35

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