Un calcio al razzismo
Il nuovo libro di Castellani e Smulevich contro l'odio razziale sul campo
Più che un pamphlet di inchiesta da regalare a Natale o alla Befana, “Un calcio al razzismo” (Giuntina, 10 euro) dovrebbe essere un libro di testo da distribuire sui banchi delle scuole agli allievi rientranti dalle vacanze. Gli autori – i giornalisti Massimiliano Castellani, responsabile della sezione Agorà di Avvenire, e Adam Smulevich – presentano in un centinaio di pagine, che si leggono tutte d’un fiato, venti lezioni contro l’odio, raccontando quanto avvenuto sul campo di calcio, poiché, inutile negarlo, il gioco più bello del mondo è nella morsa dei veleni razziali. Così il volume tesse un filo rosso capace di legare i maestri danubiani della Serie A epurati dal regime fascista, in quanto ebrei, con gli aberranti fischi rivolti nei confronti delle star odierne, come Koulibaly, Lukaku o Mario Balotelli, per restare nel contesto bresciano. “Memorie un po’ sbiadite che hanno molto da insegnarci. C’è un gioco da salvare, e la cura potrà essere solo una buona dose di consapevolezza”, scrivono gli autori, prima di tuffarsi nel racconto di storie inedite e appassionanti, che svelano il tratto nascosto di calciatori di ieri e di oggi, da Giorgio Bassani fino a Lilian Thuram, passando per la passione per il calcio di Primo Levi o per la vicenda di Arpad Weisz, allenatore di Bologna e Inter poi morto ad Auschwitz. Personaggi noti, ma anche sconosciuti, come Matthias Sindelar, centravanti austriaco del Milan che si innamorò di una ebrea e rifiutò di giocare con la maglia tedesca dopo l’annessione. Il racconto di “sommersi e salvati” fa emergere il valore del rispetto e della convivenza civile, due fattori in grado di porre in fuorigioco l’odio e il razzismo. Lodevole l’iniziativa della Lega Calcio di donare il volume alle venti società di serie A: leggere per sconfiggere un problema.