Quel calcio genuino oratoriano
Che Ricky Barone fosse un comunicatore e un organizzatore lo si sapeva da anni. Da circa un ventennio è collaboratore del nostro giornale. Nella latteria di famiglia, zona Sant’Antonio, qualche anno fa, organizzava concerti per un pubblico ristretto e raffinato. Un poliedrico talentuoso, visto che è stato anche un bravo giocatore dilettante, in un calcio (quello degli anni Settanta e Ottanta) fatto di campi più a terra battuta ed erba improvvisata che sintetici. Come accade spesso a tanti giornalisti arriva il momento di cimentarsi in esperienze più introspettive, così il passo a diventare scrittore è breve. Barone, classe 1962, di libri ne ha scritti due: il primo è una raccolta di interviste musicali e il secondo, dal titolo “Il calcio di rigore” (produzione di Roberto Barucco), che è il motivo per cui lo incontriamo, parla di un calcio dal sapore genuino, che fatica a ritrovarsi in quello attuale, forse più lento, quel calcio degli oratori da dove tutti in passato partivano.
Ricky Barone, come mai l’esigenza di scrivere questo libro?
Il libro racconta una storia di crescita di tre ragazzi che diventano amici grazie allo sport. Iniziano a giocare a calcio nell’oratorio della città. Selezionati da squadre più attrezzate, lasciano l’oratorio per sperimentare il calcio fuori provincia. Un percorso che non facevano tutti: qualcuno si perdeva lungo il cammino, certo, ma chi aveva più talento spesso veniva inserito nella tanto sognata squadra della città.
Cosa le ha dato il calcio?
Tanto. Il calcio è una metafora della vita. Come diceva Nereo Rocco: “Quello che sei si vede sul campo, non c’è scampo”. Le personalità vengono a galla e ti aiutano a confrontarti con la squadra e a migliorarti. Io stesso ero un ragazzo timido e il calcio mi ha aiutato a superare la timidezza. Certo, hanno contribuito anche le altre mie passioni: il disegno e la scrittura mi hanno aiutato ad esprimere la mia creatività. I disegni nel libro sono miei.
Se le chiedessi il suo primo ricordo calcistico?
In tv, i Mondiali del 1970: Italia contro Germania con risultato finale di 4 a 3. Ricordo ancora il movimento di Gianni Rivera nel mettere in rete la palla della vittoria dell’Italia. Allo stadio, il cucchiaio di Egidio Salvi in Brescia – Catania, che classe.
Cosa si aspetta da questo libro?
Scrivo per passione. Tuttavia mi piacerebbe presentarlo in tanti oratori della città e provincia, così che i ragazzi possano leggerlo. La prima presentazione l’ho fatta a Idro dove sono responsabile della Pro Loco locale.
La dedica è a suo padre...
Questo sport era una delle cose che mi univa a mio papà. Lui era dirigente all’oratorio di Sant’ Antonio; poi, quando passai in una delle “note” squadre della città, lui, già in pensione, divenne il segretario della società e lo fece per più di un ventennio (Voluntas ndr.).
Il titolo “Il calcio di rigore” si riferisce a quel calcio di rigore citato anche da De Gregori nella leva calcistica dell’anno 1968?
All’apparenza sembra un gesto semplice. De Gregori dice a Nino che non si giudica un giocatore dall’errore, ma da altre cose. Il calcio è pieno di campioni che hanno sbagliato dagli undici metri, ma poi sono ripartiti. Come dicevo prima, lo sport è una metafora di vita: a volte sono più educative le sconfitte delle vittorie.
Barone, il calcio lo segue ancora?
Se mi capita, una partita all’oratorio di Sant’Antonio non me la perdo.