Gli anni ruggenti di Losio
Pensare che San Zeno abbia dato al calcio almeno cinque giocatori professionisti sembra bizzarro, visto il numero di abitanti. Se si chiedesse in giro chi siano, la maggior parte degli interpellati risponderebbe: “I fratelli Bonetti, Paolo Bravo e Andrea Colpani”, attuale centrocampista del Monza Calcio. Ma se la stessa domanda fosse riproposta ai più anziani, questi nomi sarebbero preceduti dal “primo professionista del calcio sanzenese”: Luigi Losio. “Lo aveva preso la Fiorentina” direbbero. Losio, classe 1949, tira i primi calci al pallone al campo dell’oratorio, ma per giocare a 11 deve emigrare a Borgosatollo dove, con data di nascita “ritoccata”, riesce a stare con i ragazzi più grandi. Imperia Rezzato e Lumezzane precedono l’arrivo alla Fiorentina. Poi Siracusa, Cosenza e, durante il servizio militare, nei “Cantieri” di Palermo, in quarta Serie, l’attuale serie D.
Come nasce la passione per il calcio?
Come tutti, quando vedevo una palla non capivo più niente (ride, ndr). Sfruttavo a pieno le caratteristiche che madre natura mi ha donato: la velocità e il tiro.
Qual è il primo ricordo sportivo?
Sono tanti, ma non posso dimenticare i due spareggi, giocati con i “Cantieri” di Palermo, contro il Siracusa. La prima partita la giocammo a Messina e la seconda al Vomero, a Napoli.
Come finirono?
Due pareggi... e in caso di parità a quei tempi non si battevano i calci di rigore, ma si lanciava la monetina. Passò in serie C il Siracusa, che dopo qualche anno diventò la mia squadra.
Come mai Fiorentina e non Brescia?
Con il Brescia ho sostenuto un po’ di provini, ma probabilmente non cercavano uno con le mie caratteristiche. Così, il Lumezzane, mi vendette alla Fiorentina.
Quindi, successivamente, il militare e la squadra dei “Cantieri di Palermo”...
La sera dopo la partita del torneo di Viareggio contro il Bayern di Monaco, dove vincemmo due a zero con un mio goal, mister Bassi mi disse che, il giorno dopo, sarei dovuto partire per il militare. Non pensavo di fare il servizio di leva: avevo perso mio padre a otto anni e vivevo con mia mamma, ma già mio fratello era stato riformato, quindi dovetti partire. Dopo 17 mesi di leva, tornai a Firenze dove mi comunicarono la cessione al Siracusa. Ci andai con la mia Fiat 500 e arrivai dopo due giorni. Con me, c’era un ragazzo delle giovanili dell’Inter che mi confidò che non si sarebbe mai fermato. Beh! Abita ancora là. Sono stato benissimo e, in quel periodo, ho conosciuto anche mia moglie.
E nel Bresciano non l’hanno mai cercata?
Dopo Siracusa passai al Cosenza e in scadenza di contratto andai a parlare con il Presidente dell’Ospitaletto, Gino Corioni, l’allenatore era Gigi Maifredi. Purtroppo non se ne fece niente, quindi optai per Salso Maggiore, dove riuscii a togliermi ancora qualche soddisfazione.
Tanto peregrinare, per poi tornare a casa...
Sì, ho allenato la scuola calcio del Calcinato e della Rigamonti.
Cosa ne pensa del calcio di oggi?
È molto più frenetico. Bisognerebbe insistere sulla tecnica, che è fondamentale. Alla Fiorentina, dopo l’allenamento, mi fermavo con Amarildo a calciare da area ad area.