A 30 anni dalla strage di Heysel cosa è cambiato nel calcio?
Il 29 maggio del 1985, nello stadio Heysel di Bruxelles, morivano 39 persone. Cosa avvenne? Il mondo dello sport da allora è mutato? Le risposte del delegato vescovile per la pastorale degli sportivi mons. Claudio Paganini
Se l’Europa sembra essere riuscita a tamponare il gap sulla sicurezza, in Italia la strada da fare è ancora lunga. “Qualcosa è migliorato – continua Paganini –, ma in Italia ci sono ancora stadi obsoleti, tifoserie quanto mai demenziali, ricordiamo i recenti accadimenti a Brescia e a Roma. Non si è in grado di gestire lo sport con saggezza”. Se per tamponare la violenza degli hooligans molto è stato fatto, “in Italia le tifoserie hanno ancora carta bianca”. A questi fattori si aggiunge una forma mentis dei vertici sportivi che privilegia il business rispetto al fattore educativo.
“Negli ambienti giovanili – sottolinea Paganini – si educa solamente all’agonismo, si educa a vincere e questo va bene, però tra vincere con tutti i mezzi, anche illeciti, e conquistare la vittoria dopo un duro allenamento, c’è una bella differenza. Vincere soffrendo, faticando, lavorando: deve essere questo il percorso; nello sport come nella vita”. La corruzione che caratterizza certi ambienti è lo specchio della società: “Come la società non riesce a trasmettere principi chiari, così lo sport si è lasciato contaminare, è preda di affaristi che puntano solamente al lucro”.
"Una piattaforma educativa da cui partire": è questa la definizione di sport data da mons. Claudio Paganini, che ha sottolineato ulteriormente come con il "calcio scommesse" la mafia sia riuscita a estendere i suoi tentacoli in un settore della società dove il sano agonismo e il rispetto dell'avversario dovrebbero essere le colonne portanti.
R. GUATTA CALDINI
29 mag 2015 00:00