Welfare e povertà: fra dati Istat e nuovi progetti di protezione, la parola all'assessore Felice Scalvini
In Italia la povertà assoluta tocca 4,5 milioni di persone, il massimo dal 2015. I dati Istat che fotografano la situazione della povertà nel paese, recentemente pubblicati, interpellano anche Brescia?
A fronte della pubblicazione dei recenti dati Istat su scala nazionale, le chiedo qual è la situazione in città in termini di povertà?
Sono stime generali, adesso dovremo cercare di capire qual è la situazione specifica della città perché dal punto di vista statistico, le statistiche sono sempre un po’ la “media del pollo”: non è detto che in tutte le zone del paese ci siano aumenti così significativi del tasso di povertà. Dico questo come discorso generale, anche per correttezza intellettuale e analitica. Detto questo i poveri ci sono a Brescia. Abbiamo situazioni da affrontare con una città che come solidarietà diffusa è molto impegnata a cercare di fare in modo che nessuno resti indietro. Ci sono iniziative dell’amministrazione, ad esempio noi nel prossimo consiglio comunale andremo verso la presentazione della revisione del Regolamento dei servizi, abbiamo provveduto a definire meglio il Regolamento dei contributi: chi bussa alle porte dell’amministrazione trova sempre accoglienza se la situazione è veramente difficile. Poi c’è l’impegno molto importante di Caritas, delle organizzazioni di volontariato, le pratiche di buon vicinato, c’è tutta la rete della città che è l’elemento portante della solidarietà e del welfare bresciano.
Come il Comune, pure in una stagione come quella attuale che chiede una maggiore attenzione nella gestione delle risorse, cerca di far fronte all’aumento della povertà integrando il sistema welfare? La scorsa settimana avete presentato un nuovo progetto. Di cosa si tratta?
Si tratta di un progetto finanziato da Fondazione Cariplo che deve aiutarci a strutturare sempre meglio, in modo corale, le risposte ai propri cittadini. L’idea di fondo è che l’amministrazione deve integrarsi con tutte le reti di solidarietà, da quelle minute di quartiere a quelle robuste delle grandi fondazioni che gestiscono, ad esempio, strutture per anziani, per disabili, in modo da valorizzare la capacità complessiva della città di far fronte ai propri bisogni.
R.GUATTA CALDINI
18 lug 2016 00:00