Una famiglia di famiglie
Don Alessandro Tuccinardi, vicerettore del Seminario diocesano, è il nuovo parroco di Manerbio
“Mi ami tu più di costoro? Sì, lo sai, ti voglio bene”. È questa frase del Vangelo di Giovanni che sintetizza bene la vita di don Alessandro Tuccinardi che, proprio quest’anno, ha festeggiato 20 anni di ordinazione sacerdotale, molti di questi spesi a contatto con i giovani e, in particolare, concentrati sul discernimento vocazionale.
I primi passi sono stati mossi nel quartiere di San Faustino…
Era già un quartiere multietnico. Porto nel cuore la bellezza dell’accogliere l’altro come un fratello e l’integrazione delle differenze.
Poi l’esperienza all’Azione Cattolica, all’Ufficio vocazioni e dal 2005 anche in Seminario…
Ho fatto 3 anni all’Acr e contemporaneamente ho iniziato la collaborazione, durata 15 anni, all’Ufficio vocazioni e tempi dello spirito. Dopo l’Ac, sono finito in Seminario. Nell’Azione Cattolica ho imparato il valore del protagonismo dei ragazzi (anche loro hanno una ricchezza di fede e per il dono del battesimo possono essere annunciatori nella Chiesa) e che il laicato, quando è formato, riesce a essere significativo nella vita di ogni giorno. Ho incontrato persone che mi hanno fatto capire l’importanza di vivere bene il battesimo, cercando di essere sale e luce nella comunità. Ho imparato la corresponsabilità. All’Ufficio diocesano ho visto che le diverse età e vocazioni possono lavorare insieme e far crescere la vita. Possono anche mettersi al servizio della vita in tutte le dimensioni sia nell’ambito cristiano sia in quella sociale e politico. Condividere le responsabilità con vocazioni diverse significa alleggerire i pesi che si trovano lungo il cammino e allo stesso tempo moltiplicare la gioia e le cose belle. Ho lavorato bene con l’equipe educativa del cammino Sichar e con la commissione vocazioni. Il Seminario mi ha permesso di riscoprire il dono del mio sacerdozio e di accorgermi che il sacerdote è il coltivatore diretto che si prende cura di ogni vocazione. Il sacerdote è il buon pastore che ha a cuore ogni persona, la famiglia, il giovane, l’anziano, il bambino, la persona fragile… Accompagnare i sacerdoti giovani mi ha aiutato a rinnovare ogni giorno il mio sì.
Arriva in una realtà come Manerbio che con il suo oratorio in questi anni ha vissuto diverse esperienze caritative. Quanto è importante tendere la mano verso l’altro?
Con i ragazzi del Seminario puntiamo molto sulla possibilità di vivere esperienze di dono. La dimensione caritativa aiuta un giovane e un adolescente ad acquistare un modo stabile per farsi dono. A volte possono mancare i luoghi nei quali la fede si incarna nella vita. Quest’estate andremo con tre seminaristi a Gerusalemme a vivere un’esperienza caritativa. La fragilità non è mai un qualcosa da mettere da parte, ma è sempre da valorizzare, perché diventa una feritoia in cui passa la luce. Anche i miei limiti, se messi al servizio e se messi nelle mani del Signore, diventano una potenziale ricchezza per gli altri. I cammini vocazionali sono sempre affiancati da una dimensione caritativa: lì ti giochi, lì ti apri e lì servi la vita.
Quali sono le sensazioni alla prima esperienza da parroco?
È una comunità credente che non può spaventarmi. Il credente adulto nella fede diventa l’amico fedele che ogni persona può incontrare. Mi piace pensare alla parrocchia come a un luogo nel quale ogni persona può trovare spazio e l’accoglienza di persone amiche. Ogni fedele, quindi, può essere il punto di riferimento.
Quali potrebbero essere le piste pastorali?
Mi piace pensare alla parrocchia come a una famiglia di famiglie, dove si gioca in squadra e si cerca di fare centro su Gesù. Se facciamo centro su Gesù, possiamo imparare da lui a muoverci come lui per andare in strada e nei cortili ad annunciare il Vangelo. Il giocare in squadra ci aiuta a essere testimoni di una fede che è legata alla vita, di una fede che ha a che fare con la vita di ogni giorno e con la vita in tutte le sue sfumature e con le attese e gli interrogativi che l’esistenza umana, nella sua ferialità, ci mette davanti. La parrocchia è il luogo più adatto per integrare la dimensione della fede e della vita.
Cosa è risultato determinante nella sua vocazione sacerdotale?
Nella mia scelta vocazionale sono stati fondamentali i laici che hanno saputo prendersi a cuore la vita della Chiesa.
Ci sono dei Santi ai quali fa riferimento?
La figura di Paolo VI mi è cara, ma mi piace associarlo alla figura di altri Santi: penso a San Lorenzo (il Santo di Manerbio) e a Sant’Angela Merici. Sant’Angela ci ricorda in modo particolare il ruolo della donna nella vita della Chiesa, nella vita sociale e caritativa. La ricordo volentieri perché mi è stato affidato anche l’incarico di accompagnare le Figlie di Sant’Angela nella valorizzazione di questo carisma del 1500 ma ancora molto attuale.