Occupazione, solidarietà e tutela ambientale con "Ri-vesti il mondo di valore"
Nei giorni scorsi Cauto e Caritas diocesana hanno tracciato un bilancio della collaborazione che li vede impegnati sul territorio nella raccolta di abiti usati
Pasinetti, può ricordare in cosa consiste il progetto e quali sono le fasi della sinergia di questa filiera della solidarietà? Il progetto è iniziato nel 1999, la prima collaborazione fra Cauto e Caritas era legata alla raccolta di abiti usati attraverso un contenitore stradale, quindi i contenitori gialli a bordo strada, con il logo Cauto e Caritas. È stata un’unione di due realtà differenti finalizzata alla creazione di una filiera etica della raccolta dell’abito usato. Cauto è il braccio operativo, raccoglie gli abiti dai contenitori stradali, li seleziona, li lavora, li mette a disposizione poi di differenti soggetti sul territorio, oppure, in alcuni casi, li vende. Non tutto ciò che viene conferito nei contenitori finisce addosso ‘al bambino bisognoso o quant’altro’. Sarebbe assurdo. Quell’abito, invece, genera dei valori, valori legati alla solidarietà, valori amplificati dalla collaborazione fra Cauto e Caritas: questa raccolta, di fatto, consente di dare lavoro a una serie di persone, oltre che fare bene all’ambiente, contribuendo, inoltre, alla creazione di progetti sociali.
Negli ultimi due anni avete innescato ulteriori sinergie...
Certo, è stato possibile grazie all’attivazione delle Caritas parrocchiali e di Spigolandia. Abbiamo chiesto alle Caritas territoriali di adottare un contenitore, aiutandoci nella raccolta di abiti usati: in base ai quantitativi raccolti vengono consegnati dei buoni spesa da utilizzare presso Spigolandia. Grazie a questa sinergia abbiamo incrementato i quantitativi raccolti di circa 30mila kg.
Per quanto riguarda i numeri dall’inizio della collaborazione fra Cauto e Caritas... Il dato più interessante è legato ai posti di lavoro creati, circa 90, essendo Cauto una cooperativa sociale, una realtà che nasce e vive con l’obiettivo di fare inserimento lavorativo, circa la metà di questi posti di lavoro sono stati occupati da persone inserite in un progetto lavorativo, quindi persone in difficoltà che trovano nel lavoro un’opportunità di riscatto. Inoltre la raccolta dell’abito usato ha generato un contributo poi erogato a Caritas anch’essa impegnata nel generare lavoro. In tal senso Caritas ha permesso a circa 180 persone di trovare un’occupazione. Gli abiti raccolti sono stati tantissimi, circa 14mila tonnellate. Questo ha un enorme valore ambientale, ovviamente, perché sarebbero finiti nell’indifferenziata, come ha anche un valore economico. Lo smaltimento degli abiti finiti nell’indifferenziata per un Comune ha un costo che si ripercuote sulla collettività...
ROMANO GUATTA CALDINI
16 mar 2016 00:00