Monastero europeo nel cuore della Bassa
Presentate le campagne di scavo 2014-2017 nell’area del monastero longobardo di San Benedetto di Leno
A partire già dal 2002, l’area degli edifici monastici era stata oggetto di numerose ricerche, che avevano portato a delineare le strutture medievali un tempo facenti parte del grande complesso religioso. L’obiettivo che l’Università di Verona si è posta è stato quello di capire le potenzialità archeologiche dell’area, che rappresentava ancora un enigma.
Fin dall’inizio è stato possibile constatare la grandissima estensione di questo sito, fatto che non ha di certo stupito gli studiosi che ben sapevano che l’abbazia di Leno fu uno dei grandi monasteri europei del Medioevo, paragonabile a Montecassino o Saint Denis.
“Si tratta di un’iniziativa che ha radici profonde - spiega il presidente della Fondazione Dominato Leonense, Vittorio Biemmi - avviata da Cassa Padana già alla fine degli anni ’90 e portata avanti negli anni successivi dalla Fondazione Dominato Leonense. In questa occasione non possiamo non ricordare l’impegno e la passione che l’allora direttore Luigi Pettinati profuse in questo progetto”.
Dopo una breve presentazione, a cura del prof. Angelo Baronio, delle attività promosse e realizzate dalla Fondazione Dominato Leonense, la parola è passata agli archeologici, che hanno esposto gli interessanti risultati emersi dalle indagini avviate nel 2014.
“L'area della pianura bresciana in cui il complesso monastico di Leno venne ad inserirsi fu insediato e sfruttato già in età romana” – spiega il prof. Fabio Saggioro, docente dell’Università di Verona e direttore dello scavo – “le campagne di ricognizioni di superficie, condotte dalla dott.ssa Maria Bosco, hanno mostrato una certa vitalità, nonché una presenza articolata del popolamento in età altomedievale. Un dato interessante che testimonia la centralità del territorio di Leno.
Dagli scavi archeologici condotti, il ritrovamento di edifici, palificate lignee, riporti e scarichi rivelati dalla successione degli interventi nelle aree spondali raccontano che tra il IX e l'XI/XII vi fu una costate attività di delineazione degli spazi e di organizzazione del complesso. In queste fasi la vita del complesso monastico rimase molto attiva, anche in rapporto con il vicino villaggio di Leno.
L'area occupata dalle strutture altomedievali risulta molto estesa e articolata. Si può ipotizzare sulla base delle ricerche effettuate, come il settore più settentrionale rappresenti un'area produttiva-funzionale rispetto a quella centrale di Villa Badia, dove si raccolgono le testimonianze più significative delle chiese e degli spazi di culto.
Numerosi dati sono stati raccolti sulle caratteristiche dell'ambiente circostante all'abbazia: boschi di querce dovevano estendersi nella bassa pianura, sfruttati per l'allevamento dei maiali, ma anche per la costruzione delle strutture residenziali o produttive del monastero. Si coltivavano nei terreni di proprietà di Leno vari cereali, tra cui la segale, il sorgo e ovviamente il frumento. Si tratta di un insieme di dati molto importanti per i secoli che dall'altomedioevo giungono sino al XIII secolo, non solo legati alla ricostruzione topografica del sito, ma anche utili a ricostruire il paesaggio circostante – profondamente mutato - dell'economia e della società dell'epoca. In conclusione, il contesto di Leno si rivela di straordinaria importanza per la comprensione dello sviluppo del monachesimo in epoca altomedioevale, quando Leno era uno dei siti più importanti a livello europeo".
Il progetto quadriennale di indagine si concluderà venerdì 30 giugno e la presentazione al pubblico dello è fissata per domenica 9 luglio, alle 18 in Villa Badia a Leno, inserita nel ricco programma della XV edizione della Fiera di San Benedetto.