La spesa è elevata, ma è soprattutto inefficiente. La medicina è la sussidiarietà
Il debito pubblico frena l'Italia. Come ripartire? Di fronte alla cattiva gestione degli enti locali, la soluzione è il centralismo? In Cattolica la Fondazione San Benedetto ha aperto il suo ciclo "Incontri d'autunno" con Giorgio Vittadini, Paolo Cirino Pomicino, Oscar Giannino e Giovanni Marseguerra
Il nocciolo della questione è che, parafrasando il presidente della Fondazione per la sussidiarietà , ci “portiamo dietro un debito che non riusciamo a recuperare a causa dell’esplosione del rimborso dei prestiti. La spesa è elevata, ma è soprattutto inefficiente. Stiamo sbagliando tutto e stiamo ignorando le intuizioni dei Costituenti”. Non bisogna, infatti, farsi trascinare dagli esempi negativi di cattiva gestione degli enti locali o dagli scandali che hanno colpito il terzo settore. Per diminuire il debito, dobbiamo infatti recuperare il concetto di sussidiarietà (verticale e orizzontale): il principio di sussidiarietà verticale riguarda la ripartizione dei pubblici poteri tra diversi livelli di governo; il principio di sussidiarietà orizzontale (“in Italia non esiste”) riguarda il rapporto tra pubblico e privato (“sarebbe determinante orientare con la sussidiarietà orizzontale il modello di welfare”).
La risposta al problema del debito pubblico non si trova, quindi, nell’accentrare le politiche, ma piuttosto nel favorire il ritorno delle competenze agli enti locali (“la spesa nella sussidiarietà verticale è un fattore moltiplicatore della crescita”) e nel dare risorse alle associazioni, alle persone e ai corpi intermedi. Sulla stessa lunghezza d’onda Giovanni Marseguerra, professore ordinario di economia politica all’Università Cattolica, secondo il quale “se spostiamo il 10% della spesa pubblica dal centro alla periferia crescono i redditi, pensiamo solo al campo dell’educazione”.
La spesa pubblica è esplosa in determinati contesti della storia italiana, periodi che vanno contestualizzati come ha sottolineato l’ex ministro DC al Bilancio, Paolo Cirino Pomicino: nei primi anni Ottanta, di fronte alla paura del terrorismo e con un’inflazione al 22%, il Governo riuscì a portare l’inflazione al 4%: “In genere ci si indebita per crescere; noi indebitammo lo Stato, non le famiglie. Nei decenni successivi la spesa corrente primaria è passata dal 37 al 42%, ma il dato che colpisce è l’impoverimento del ceto medio-basso; dal 1995 l’Italia non cresce più”. Pomicino ha colto l’occasione anche per togliersi qualche sassolino e rivendicare "la buona politica" rispetto a quella odierna dove “i partiti sono i peggiori protagonisti. Se guardiamo, ad esempio, alla riforma del Senato/costituzionale, non possiamo non vedere che stiamo “determinando un’involuzione”.
E il pensiero dell’ex ministro andreottiano è corroborato dalle affermazioni di Oscar Giannino che ha ribadito come sia “molto più grave l’aumento della spesa corrente nella Seconda Repubblica. Loro (Pomicino e la Dc) hanno evitato all’Italia di esplodere, anzi l’hanno fatta crescere. Un Paese cresce di più con la spesa decentrata, ma chi crede nella sussidiarietà deve affrontare anni duri, perché c’è bisogno di una battaglia culturale”.
Dopo la sussidiarietà e la spesa pubblica, il 26 ottobre (sempre alle 18 in Cattolica) si parlerà della scuola che serve al nostro Paese con Luigi Berlinguer, Giuseppe Bertagna e Giorgio Vittadini. Mentre il 20 novembre toccherà a don Stefano Alberto, Marco Cangiotti e Luciano Violante intervenire su “La libertà e la giustizia per il benessere di un popolo”.
L. ZANARDINI
06 ott 2015 00:00