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Brescia
di M.VENTURELLI 19 mar 2015 00:00

Gian Mario Bandera: il mio impegno per il Ctb

In occasione del suo insediamento alla direzione dello Stabile cittadino, Gian Mario Bandera ci ha concesso un'intervista a tutto tondo

Gian Mario Bandera è da qualche settimana il nuovo direttore del Ctb, al posto di Angelo Pastore, passato al teatro di Genova.
Sin dal giorno dell’arrivo si è messo al lavoro nello studio che si affaccia su piazza Loggia per conoscere dal di dentro la realtà che gli è stata affidata, in una stagione ricca di novità e di prospettive interessanti, visto che il suo insediamento è coinciso con l’arrivo da Roma dell’inserimento del Ctb tra i “tric”, i teatri di rivelante interesse culturale.

Direttore, la prima domanda è scontata: quali sono le prime impressioni sul teatro che è stato chiamato a dirigere?

Sono a Brescia solo da poche settimane, ma conosco questa importante realtà da1 1982 quando, con Giovanni Testori, creammo il “Teatro degli Incamminati”. La conoscenza si è poi approfondita quattro/cinque anni con l’avvio della collaborazione tra i due teatri per importanti coproduzioni tra le due realtà. Sin dai primi contatti successivi alla mia nomina ho avuto modo di constatare come il Ctb sia un’istituzione che nel tempo ha saputo educare al teatro, proponendo questo importante strumento come forma di conoscenza per il pubblico e per l’intera città sia attraverso le numerose produzioni (il Ctb ha forse il più importante archivio teatrale d’Italia) sia con le ospitalità. Si tratta di un percorso significativo che non è certificato soltanto dal numero delle persone che frequentano il teatro o che sottoscrivono abbonamenti, ma dalla capacità dimostrata di sapere educare al gusto. Mi è capitato spesso in queste prime settimane di mettermi in fondo alla sala per osservare il modo in cui il pubblico approccia gli spettacoli. Quello che mi ha colpito è la grande attenzione che non è di maniera, ma viva e partecipe. Tutto questo dice di un’educazione che sicuramente c’è stata per far comprendere il teatro come strumento di conoscenza molto particolare.

Il suo arrivo a Brescia è sostanzialmente coinciso con il riconoscimento di teatro di rilevante interesse culturale concesso dal Ministero al Ctb. I bresciani hanno imparato negli anni a comprendere il senso dello “stabile”. Da ora in avanti, però, si parlerà di “Tric”. Cosa cambia?

Con il passaggio al Tric non cambia moltissimo. Manterremo la nostra denominazione di Ctb teatro stabile” perché così siamo conosciuti. Oltretutto molte delle peculiarità richieste della legge per la concessione del titolo di Tric sono da sempre nel dna del Ctb. Penso per esempio alla capacità produttiva, all’attenzione al territorio, alla capacità di lavorare con le realtà locali e altro ancora. Da questo punto di vista, dunque, per Brescia non cambia nulla perché la nuova tipologia ministeriale non fa altro che andare a incentivare molte di quelle caratteristiche già esistenti. Il riconoscimento giunto dal ministero ci colloca in una nuova fascia di finanziamenti. Resta ancora da stabilire l’ammontare dei finanziamenti destinati ai Tric, perché in questa partita complessa il ministero non ha ancora allocato le risorse.

Chi, senza le dovute competenze tecniche, guarda alla riforma voluta dal ministero ha la sensazione di trovarsi dinanzi all’ennesima riforma all’italiana. Per fare chiarezza sul numero degli Stabili si è finito col moltiplicare. Sino a ieri c’erano 14 stabili in tutto il Paese. Oggi si sono invece ci sono i teatri nazionali e quelli, come il Ctb, di rilevante interesse culturale… Non si poteva fare meglio?

L’intenzione della riforma era buona, perché intendeva svecchiare il sistema teatrale e per favorire l’emergere di nuove compagnie di nuove situazioni teatrali. Per fare questo serviva una scossa che doveva essere però governata. Questo, però, non è avvenuto, con il rischio che il sistema teatrale italiano che gode di finanziamenti pubblico si trovi a breve ad affrontare problematiche anche di carattere finanziario. Molti degli stabili che, pur avendo presentato al Ministero importanti progettazioni, non hanno ottenuto il riconoscimento di teatro nazionale e sono stati inseriti tra i Tric, dotati di meno risorse, dovranno comunque condurre in porto l’attività messa in programma. Si creeranno tensioni che potrebbero ricadere su tutti.

Passiamo ora al suo incarico. Lo stabile nei suoi 40 anni di vita ha avuto negli anni direttori o comunque figure artistiche che hanno lasciato impronte riconoscibili nella sua storia: Massimo Castri, Sandro Sequi, Cesare Lievi, etc. Quale impronta intende imprimere con la sua direzione?

Mi piacerebbe potere incidere sull’approfondimento della conoscenza di quel mezzo bellissimo che è il teatro in cui lo spettatore ha la possibilità di interagire con un fatto che accade e che ogni sera viene riproposto in un modo completamente nuovo. Uno strumento che consente non solo di vivere emozioni, ma di ripensare anche a quelli che sono i drammi e i grandi temi della vita. Mi piacerebbe anche riuscire a proporre produzioni e cartelloni che, attraversando in maniera interessante tutti i generi teatrali, possano valorizzare la dimensione pedagogica del teatro.

Tra i temi che dovrà affrontare a breve c’è anche quello della collaborazione tra il Ctb e Franco Branciaroli, che in questi anni è stato una sorta di valore aggiunto per lo stabile, sia in termini di produzioni che di circuitazioni. È immaginabile che questo rapporto virtuoso possa essere rinnovato?

Indubbiamente la collaborazione con Branciaroli ha consentito non solo di produrre spettacoli belli e apprezzati, ma anche di circuitarli in tutto il Paese. Mi auguro che la collaborazione possa proseguire per il bene del teatro in senso generale, non solo di quello bresciano. Branciaroli sta vivendo teatralmente in uno stato di grazia, ha raggiunto una maturità artistica di grande intensità. Chi ha visto i suoi ultimi spettacoli ha avuto modo di rendersi conto di questo aspetto. La prosecuzione di questa collaborazione può dare importanti risultati. Oltretutto lo stesso Branciaroli è particolarmente contento del lavoro svolto con il Ctb e non avrebbe problemi nel portare avanti l’esperienza. Toccherà al prossimo consiglio di amministrazione affrontare la questione. Da questo punto di vista sono fiducioso, anche per i rapporti di stima e di apprezzamento che c’è con i soci fondatori. Nell’economia di un teatro è comunque importante poter contare su collaborazioni artistiche di questo livello.

Nel progettare la stagione 2014/2015 il suo predecessore Pastore era stato costretto, per via di minori risorse, a tagliare le produzioni con giovani attori che pure erano state una constante del Ctb. Pensa che prima o poi sarà possibile che queste produzione vengano ripristinate?

Sì, immagino di sì, anche perché questo genere di produzione è stato inserito nel progetto indirizzato al Ministero e che è stato particolarmente apprezzato.

Un'ultima domanda: la stagione in corso è anche quella del 40° di fondazione dello stabile bresciano. Al di là di quando è stato fatto, ha in animo qualche altra manifestazione?

È una questione di cui mi sto occupando proprio in questi giorni. Ho in programma di incontrarmi con chi, nel 1974, diede vita teatro della Loggetta che poi sarebbe diventato il Ctb per vedere cosa mettere insieme per l’autunno sia in termini di dialogo con la città, ma anche di riproposizione di momenti teatrali, con spezzoni di spettacoli tratti dal nostro archivio che è uno dei più importanti in Italia.
M.VENTURELLI 19 mar 2015 00:00