Don Mauro: Padre, compagno di strada
Don Mauro Manuini, nuovo parroco di Isorella: “In questi anni ho percepito il senso di paternità che ti viene dall’esercitare il ruolo di parroco”
Classe 1964, ordinato sacerdote nel 1993, don Mauro Manuini è originario della parrocchia di Montichiari. Nel corso del suo ministero è stato curato a Inzino (1993-1996); curato a Paderno Franciacorta (1996-2003); curato a Cristo Re (2003-2006); parroco di Alfianello dal 2006. Adesso si prepara a iniziare il suo ministero nella parrocchia di Isorella dove succede a don Santino Baresi.
Don Mauro, cosa ha imparato in questi anni di ministero?
A piangere, gioire, faticare insieme alle comunità nelle quali sono stato. A trovarmi bene, volere bene e percepire l’affetto e la disponibilità delle persone che si incontrano e con le quali si lavora. A costruire, con fatica, ma anche con gioia un’armonia che poi sboccia. Ho nel cuore tutte le precedenti esperienze che ho vissuto, tutte bellissime, ma ad Alfianello ho percepito in particolare anche il senso di paternità che ti viene dall’esercitare il ruolo di parroco. E che ti fa vivere da padre insieme alla comunità in cui sei chiamato a operare.
Quali sono le attenzioni pastorali sulle quali vuole insistere?
Io sto aspettando di vedere il volto dei miei nuovi amici di Isorella. Così come ogni buon papà e mamma aspettano di vedere il volto del loro figlio. Della mia nuova comunità non so ancora nulla, quando arriverò vedremo. Intendo rispettare quanto già fatto. Non è che si può arrivare e dire: adesso facciamo così!. Il programma pastorale esiste già, è la Novo Millennio Ineunte, la lettera apostolica di Papa Giovanni Paolo II firmata al termine del grande giubileo del 2000: seguiamo Gesù Cristo.
Ci sono figure di Santi a cui si ispira?
C’è un santo molto simpatico, che a me piace molto, San Martino da Porres, un santo peruviano che noi ricordiamo il 3 di novembre. Era figlio di un cavaliere spagnolo e di una schiava. Era un mulatto. Non poteva fare il prete a quei tempi. È considerato il primo santo di colore della chiesa cattolica, canonizzato da Giovanni XXIII. Quello che mi colpisce di lui è che faceva il barbiere, tagliava le unghie, era un cerusico. Divenne un domenicano, e nel convento non faceva il predicatore, non voleva primeggiare, si mise a servizio dei fratelli. Con umiltà, quello che gli chiedevano lui faceva, era di una disponibilità esagerata. Con una cordialità che metteva tutti a suo agio. È uno stile ed un esempio che mi piace. E poi sono devoto anche anche a San Ludovico Pavoni. Che conoscevo e che ho conosciuto ulteriormente in questa terra in cui ha operato. Un uomo che sapeva amare, e che siccome amava sapeva educare, sapeva accompagnare nella crescita, attendere, seminare, testardo e paziente.
Cosa è stato determinante nella sua scelta vocazionale?
Esempi di servizio umile come quello di San Martino da Porres. Faceva il portinaio, faceva il cuciniere, pelava le patate, tagliava le unghie, puliva le orecchie ai suoi fratelli: una disponibilità bella, il fare per amore. C’è una bellissima immagine nell’Ultima Cena di Antonio Gandino che ho usato per il mio 25° fatto pochi mesi fa: di fronte a Gesù che mentre benedice il pane annuncia “uno di voi mi tradirà” c’è Pietro che impugna il coltello quasi chiedendo “chi è il traditore”, c’è Giuda che con una mano tocca la saccoccia dei soldi, e c’è invece l’apostolo Giovanni che appoggia l’orecchio sul cuore di Cristo. Questa per me è l’immagine più bella del prete: appoggiare l’orecchio sul cuore di Cristo.
C’è un versetto del Vangelo che l’ha accompagnata in questi anni?
Io non metterei un versetto particolare. Tutto il Vangelo è bello. Tutto il Vangelo è da seguire.