Don Lovati: Ristorarsi alla fonte
Don Alessandro Lovati, attuale parroco di Sant’Antonio Abate in Pievedizio, è il nuovo parroco di S. Maria Annunciata in Comella. Nato il 23 marzo 1964 e ordinato nel 1991, don Alessandro, ha svolto i servizi di curato di Provaglio d’Iseo (1991-1998); parroco di Faverzano (1998-2010); parroco di Pievedizio (2010-2020).
Cosa è stato determinante nella sua scelta vocazionale?
Il mistero. La vocazione è una risposta ad una chiamata di Dio: è opera Sua. Sono stato ordinato 29 anni fa. Sono sempre stato contento. Noi siamo rappresentanti del Signore. Testimoni del Risorto. Testimoniamo qualcosa di grande. Il sacerdote è un punto di riferimento in una società liquida.
Lei è stato in diverse comunità: cosa ha imparato in questi anni di ministero?
A servire il Signore. Mi sono sempre rimesso alla volontà dei superiori; è un elemento di sicurezza e di serenità. A Provaglio, a Faverzano, a Pievedizio: sono state belle esperienze.
E ora S. Maria Annunciata in Comella
Sono molto entusiasta di questa destinazione. Sono riconoscente al Vescovo per questa idea di ridare vitalità al Santuario. È una parrocchia di soli 200 abitanti, priva di parroco da 20 anni, il santuario veniva aperto solo la domenica e si celebrava una sola Messa. Ma è un santuario bellissimo, con 800 anni di storia; è stato fondato dai benedettini di Leno; un edificio del 1200 fatto di mattoni impregnati di preghiera: l’hanno assorbita, non è un luogo asettico.
Cosa ha in mente per promuovere il Santuario?
È un posto che ha infinite potenzialità. Ho pensato a un motto che si rifà al Vangelo di Marco, che dice: “Venite in disparte, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. Ecco, oggi la gente è indaffarata, non ha mai tempo. Io ripeterò questo invito di Gesù: lasciate tutto e venite a riposarvi in questo punto di ristoro spirituale. Un luogo in cui pregare con calma, trovare la pace, accendere un cero. Io sarò presente tutto il giorno, tutti i giorni. La prima cosa sarà tenere aperta la chiesa, accogliere le persone. Non ci sono strategie pastorali. C’è da lasciar venire la gente al Signore. So che c’è un coro parrocchiale, lo porterò avanti. C’è bisogno di animare la Messa.
Che impressione ha avuto dai primi incontri?
Mi pare di percepire che anche lì la gente abbia apprezzato molto questa scelta di riaprire il Santuario. I fedeli poi arrivano, quando si trovano bene, la celebrazione è curata, il santuario diventa attrattivo per i fedeli. Io non invento niente, mi inserisco in un solco di sacerdoti che sono stati lì, che hanno lavorato. C’è gente che si sta dando da fare, volontari, impegnati a tenere in ordine il posto. Cercherò di ascoltare i desideri e le richieste degli abitanti e di condividere le scelte con chi opera sul posto.
C’è un versetto del Vangelo che le è particolarmente caro?
Mi ha sempre intrigato il brano della pesca miracolosa (Gv 21,1-19). Apparentemente è un fallimento. I discepoli tornano indietro senza pesci. Ma con la presenza del Signore cambia tutto. Gesù dice: rimettete giù le reti. E i discepoli ritornano a fare la stessa cosa che hanno fatto un’ora prima, ma con il Signore ha un esito completamente diverso. Con il Signore tutto cambia. Dobbiamo fidarci di più del Signore.
Ci sono figure di Santi a cui si ispira?
Il Cottolengo, il fondatore della Casa della Divina Provvidenza. Un uomo che si è preso cura di persone malate che non erano considerate. Un uomo che credeva nella Provvidenza. Un termine desueto, ma che significa che quando Dio vuole una cosa la manda avanti lui. C’è una bellezza nascosta in queste persone, una ricchezza interiore straordinaria. Al Santuario celebreremo la giornata del malato. Il santuario è dedicato a Maria: la sua bellezza è quella di essere vicina a malati e sofferenti. Maria “Avvocata nostra” interviene ad alleviare le sofferenze. La gente lo percepisce.