Dio prende per mano Giovanna e Camilla
Oggi al Santuario di Valverde sono state celebrate le esequie di Giovanna Lazzari, la 30enne deceduta la mattina dell’ultimo dell’anno al Civile con la piccola Camilla. Nell'omelia don Raffaele Maiolini ha sottolineato che siamo alla ricerca di un senso, più che di un referto medico, di luce per non rimanere nel freddo del buio di un sordo dolore che avvolge tutto e tutti. E solo in Dio il nostro dolore può trovare una casa
Don Raffaele, curato a Rezzato San Carlo dal 1997 al 2000, ha conosciuto da vicino Roberto e Giovanna, ultima di sei fratelli e rimasta orfana (di madre e di padre nella preadolescenza), una donna dall’istinto materno molto forte.
“Ma perché?”. Le risposte non si possono cercare nella sola naturale e umana richiesta di trovare la causa medico-scientifica della morte di Giovanna e di Camilla. “Siamo alla ricerca di un senso, più che di un referto medico”. Non di una “spiegazione”, non di “una facile ricetta… ma un po’ di luce sì, per non rimanere nel freddo del buio, dentro questo ‘buco nero’ di un sordo dolore che avvolge tutto e tutti, col suo alito di morte. Abbiamo bisogno di trovare una casa anche per il nostro dolore”. Per questo i familiari hanno scelto di passare nella casa di Dio, nell’amato santuario (lì dove si sarebbero sposati tra poco, nda) dedicato a Maria, Madre del bell’Amore: da mamma a Mamma… da mamma in questa terra, Giovanna… alla Mamma del Cielo, Maria… e da figli al Figlio… da figlie, Giovanna e Camilla, al Figlio di Dio, Gesù. Tutto questo perché Giovanna e Camilla sono realtà sacra, sono figlie di Dio, benedette e preziose: non sono semplicemente “materiale biologico di questo mondo”. Per questo siamo qui, con loro, davanti a Dio. Perché riconosciamo che la loro vita è stata ed è preziosa, sacra… agli occhi nostri e agli occhi di Dio. Portandole qui, nella casa di Dio, riconosciamo la grandezza, la preziosità di Giovanna e Camilla: appartenevano e appartengono a noi… ma per fortuna appartenevano e appartengono a Dio”.
E nelle mani di Dio affidiamo “la loro e la nostra vita. Ci sono sfuggite tra le mani, Giovanna e la piccola Camilla… non è stato possibile riuscire a trattenerle con noi… Ciò che le nostre mani, purtroppo, non sono riuscite a fare… lo fanno le mani di Dio, che, per mano, prendono Giovanna e Camilla e le accompagnano verso altri lidi ove spiegare le vele… verso un’altra casa dove ora vivere… non da sole, ma in compagnia. (…) E vorrei ringraziare Gesù per questa possibilità di vita oltre la morte che regala a Giovanna e Camilla e che regalerà un giorno anche a noi. Io non so Giovanna e Camilla perché proprio adesso, proprio così… siete partite per un’altra casa. Non lo so. Ma so che siete state prese per mano e siete in compagnia di Dio stesso”. Il Dio che si è fatto uomo più di 2000 anni fa è la certezza che il Paradiso esiste, è il “lieto annunzio che accompagna e consola il nostro grande dolore. Per fortuna c’è Qualcuno che sa accompagnare Giovanna e Camilla e, un giorno, anche noi, verso una vita senza più il peso e la fragilità della condizione umana”.
Ma per chi resta c’è il peso del dolore del distacco. “Adesso tocca a noi – continua don Raffaele –. Non senza Giovanna e Camilla, ma con Giovanna e Camilla”. Nella vita di tutti i giorni possiamo imparare molte cose, ma soprattutto dobbiamo imparare a non sprecare la nostra esistenza. “Possiamo vivere tante belle esperienze e opportunità di vita, anche solo l’uscire la sera e fare serata con gli amici: impariamo a dire grazie, alle nostre famiglie che ci offrono con il sudore del loro lavoro questa possibilità… impariamo a dire grazie agli amici, che ci accompagnano e ci vogliono bene… impariamo a dire grazie alla vita che ci regala queste possibilità! Possiamo decidere come vivere queste nostre giornate: possiamo essere arrabbiati, musoni, chiusi… o possiamo avere un bel sorriso sulle labbra, una parola buona, un gesto di attenzione e di delicatezza… un po’ di tenerezza e di generosità. Possiamo decidere che direzione dare alla nostra vita: è importante che non sprechiamo i nostri giorni. Non solo non è bello, ma non è giusto, anche solo per rispetto a chi, come Giovanna e Camilla, non hanno più questa possibilità. E non dimentichiamoci di Dio. Non trascuriamo il confronto con la sua Parola. Abitiamo di più e meglio anche la sua casa. Impariamo a sostare sulle grandi questioni della vita e della morte. In compagnia di Gesù”.
Al marito Roberto, don Raffaele ha chiesto di “accogliere Giovanna e Camilla con l’ardire e l’ardore di quella formula d’amore che avevate deciso di pronunciare proprio in questa chiesa: ‘Io, Roberto, accolgo te, Giovanna come mia sposa… nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e prometto di onorarvi e amarvi tutti i giorni della mia vita’”. Ai piccoli, Alessandro e Mariasol, “la stessa grinta e grazia di mamma Giovanna: lei, orfana di madre e di padre, non solo non si è arresa, ma ha saputo affrontare la vita con maggior forza e determinazione”. Ai familiari “la grinta e il sorriso” per sostenere il figlio e i nipoti. Ai nipoti di Giovanna di conservare i “suoi consigli” perché “continuino ad essere angelo custode nel viaggio della vostra vita, perché dentro le gioie e i dolori dell’esistenza non vi manchi quel bel sorriso furbetto e lieto di Giovi”. A tutta la comunità di “poter imparare a migliorare” la nostra vita alla luce di quanto abbiamo vissuto e stiamo vivendo”.
Al termine dell’omelia, don Maiolini ha voluto ringraziare Giovanna: “La grande tradizione orientale dice che la vita è un po’ come un tappeto: su questa terra, da quaggiù, alzando lo sguardo si vede solo il retro, il ‘sotto’ del tappetto: non è per niente bello: è un groviglio di nodi, di fili interrotti, senza senso e senza risultati. Solo nell’aldilà, ‘da sopra’ si può vedere che proprio tutti quei fili sono stati la trama e l’ordito di un capolavoro di grazia e un trionfo di colori”. Giovanna “nella sua pur breve esistenza ci ha fatto vedere che la vita già quaggiù, anche se a volte proprio un po’ troppo aggrovigliata, è proprio come le belle foto di famiglia che ha nella cucina di casa sua, un piccolo, grande capolavoro di grazia e un trionfo di colori”.
L. ZANARDINI
05 gen 2016 00:00