Case abbandonate e sempre meno appetibili
Tra via Passanante e la nuovissima via San Martino, appena asfaltata in un comparto di recente urbanizzazione, cinque/sei anni fa sono state costruite delle abitazioni che sono sempre rimaste vuote: le porte sono aperte, le finestre divelte
Tra via Passanante e la nuovissima via San Martino, giusto appena asfaltata in un comparto di recentissima urbanizzazione. Sulla strada l’asfalto scuro appena steso e le righe bianche immacolate dei parcheggi, e a ridosso le erbacce alte due metri, i detriti, i ferri, le assi, gli scarti dell’edilizia a portata di tutti. Perché il fatto è che queste case sono pericolose, il cantiere è completamente aperto, incredibilmente privo di qualsiasi recinzione. Tutti ci possono entrare. I bambini giocando ci possono entrare. Gli adulti curiosi, qualche malintenzionato. Qualche giovane in cerca di avventura. A qualsiasi ora del giorno e della notte. Le porte per lo più sono aperte, le finestre spesso divelte, i vetri asportati. Per terra di tutto e di più. Dai pallet ai ferri del cemento armato, dalle canalette dell’energia elettrica ai resti e pezzi degli infissi. Nei garage saracinesche spesso alzate. E anche qui residui di tutto. È questo che sconvolge del cantiere: il suo totale abbandono in mezzo a villette nuove che lo circondano da ogni angolo; a pochi passi da un nuovo ipermercato con ampio e relativo parcheggio. Famiglie che vanno e vengono tutti i giorni. Abbandono a tutti e da tutti. Non c’è recinzione, non c’è cartellonistica che afferma essere proprietà privata e avvisa che è vietato l’ingresso; non c’è nessuna catena da scavalcare.
Si entra e basta. Non vi è nemmeno nessun cartello che spieghi, che illustri, che dica chi l’ha costruito e quando, con quale permesso edilizio. Anche l’agenzia immobiliare incaricata della vendita, la Torre di Castelcovati, di recente ha tolto i propri manifesti dal cantiere. Di quelle case tanto non si è venduto e non si vende nulla, e ogni giorno che passa sono sempre più impresentabili. Anche il Comune, almeno ufficiosamente, non ne sa nulla, non c’entra nulla. Ma le case ci sono, sono lì, a plastica e concreta, dimostrazione dell’esistenza di un periodo in cui si pensava di costruire e vendere tutto; a memento della crisi continua, tragica e terribile, dell’edilizia, e proprio in un paese che tanto ha vissuto e prosperato e si è arricchito proprio con il mattone.
SERGIO ARRIGOTTI
14 mag 2015 00:00