Verso l'uscita dalla grande crisi
Qualche rallentamento si avverte, nulla di drammatico, ma il secondo semestre dello scorso anno ha segnato per il comparto artigiano una flessione, anche se "complessivamente l’andamento permane positivo" per effetto, essenzialmente, delle ottime performance dell’export
Qualche rallentamento si avverte, nulla di drammatico, ma il secondo semestre dello scorso anno ha segnato per il comparto artigiano una flessione, anche se «complessivamente l’andamento permane positivo» per effetto, essenzialmente, delle ottime performance dell’export. E’ la sintesi dell’indagine congiunturale della seconda parte dell’anno scorso redatta dal Centro studi di documentazione e ricerca Lino Angelo Poisa, emanazione dell’Associazione Artigiani e diretto dall’ex presidente dell’organizzazione, Enrico Mattinzoli. L’indagine ha ricalcato il metodo che il Centro Studi Poisa segue da qualche anno: 1500 interviste telefoniche, sezionando gli intervistati nelle 14 sezioni geografiche della provincia e fra 12 attività, così da dare una rappresentazione la più completa possibile. Agli artigiani intervistati sono state poste una decine di domande sui principali indicatori dell’attività, fra queste: andamento del fatturato, costo delle materie prime, prezzi di vendita, mano d’opera occupata, previsioni di produzione primo semestre 2019, previsioni di investimenti. Il quadro che ne è emerso, come detto, è di sostanziale tenuta anche se qualche cedimento, qua e là, è avvertibile. Il fatturato, partendo dal dato che più rende l’idea della congiuntura, è stabile per il 46% delle aziende intervistate mentre è in diminuzione per il 29% contro il 16% dello stesso periodo 2017.
Ci sono più aziende, quindi, che prevedevano un calo della produzione. L’idraulica, il tessile e la meccanica sono i settori che dichiarano i maggiori aumenti del fatturato con, rispettivamente, il +42%, +39%, +38% degli intervistati del settore. Una nota positiva arriva dal costo delle materie prime e dei servizi acquisiti: dopo un ininterrotto aumento nei cinque semestri precedenti, solo un terzo delle aziende intervistate dichiara un aumento dei costi rispetto al 62% della rilevazione precedente. Sostanzialmente stabili gli altri indicatori: vale per i prezzi di vendita di prodotti e servizi (normali per l’85% degli intervistati), manodopera occupata (86%), tempi di pagamento (77%), difficoltà di trovare addetti qualificati (89%), difficoltà di accesso al credito (81%). C’è qualche incognita sul futuro. Ripetiamo: l’indagine si riferisce agli ultimi mesi del 2018 anche se le rilevazioni sono state fatte nei primi mesi di quest’anno. E’ una precisazione significativa perché, come noto, trattandosi di previsioni la valutazione degli artigiani altro non può che rispecchiare "l’aria" che si respirava ad inizio 2019. E dunque: il fatturato è previsto in calo per il 26%. Un dato non particolarmente allarmante anche se è il valore medio più elevato rispetto ai sei semestri precedenti. Autotrasporto ed editoria i settori dove le previsioni sono più deboli mentre sono gli artigiani della Valle Trompia quelli più ottimisti sugli andamenti delle vendite (il 44% prevede un aumento) e per contro quelli della Valle Sabbia i più preoccupati (solo il 14% è positivo). Complessivamente, i risultati dell’indagine dell’Associazione Artigiani ricalcano le previsioni sviluppate dalla maggioranza degli istituti di ricerca: per il nostro Paese si prospetta una fase di recessione con molti indicatori internazionali che concordano nel prevedere una decrescita a livello globale.
Va aggiunto - commenta l’istituto di ricerca dell’Associazione Artigiani - che «nonostante ipotesi negative, in generale l’economia bresciana e lombarda mantengono un buon andamento della produzione e che le anticipazioni negative, in generale non vengono lette con particolare apprensione», stante il fatto - commenta sempre la nota dell’Associazione Artigiani - «che le previsioni elaborate negli ultimi anni non hanno avuto, nella maggioranza dei casi, riscontro concreto nelle performance effettivamente registrate». A chiudere una annotazione positiva per imprese e banche: nel 2018, il rapporto fra sofferenze ed impieghi è passato al 17% dal 21% del 2017. E’ un indicatore che dice, molto più di altri, che le aziende stanno consolidando l’uscita dalla Grande Crisi.