lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di REDAZIONE 29 lug 2020 07:30

Brescia: la caduta della produzione

Ascolta

Aib e Camera di Commercio hanno diffuso i dati di due ricerche relative al secondo trimestre 2020. I dati non sono incoraggianti

Nel secondo trimestre del 2020, la variazione della produzione delle imprese manifatturiere bresciane è risultata pari a -25,7% rispetto allo stesso periodo del 2019 (tendenziale), dopo il dato fortemente negativo del primo trimestre (-13,9%). Si tratta di una caduta analoga a quella registrata nel secondo trimestre 2009 (-25,2%), che porta il livello di attività ai minimi storici. A certificare la contrazione della produzione sono due indagini. La prima è quella che Aib effettua trimestralmente su un panel di 250 imprese associate appartenenti al settore manifatturiero. La seconda sull’artigianato, invece, è targata Camera di Commercio e ha coinvolto 178 imprese della provincia,

La dinamica, si legge ancora nel rapporto, risente, in particolare, del crollo del mese di aprile, cui è seguito un forte recupero a maggio, dovuto alla riapertura delle attività dopo il lockdown. Il mese di giugno non ha registrato, tuttavia, una significativa accelerazione e le previsioni per luglio si mantengono caute.

Nel dettaglio, la produzione industriale evidenzia un calo sul trimestre precedente di -13,4% (congiunturale). Il tasso acquisito, ovvero la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2020, è pari a -21,3%. In conseguenza di ciò, il recupero dai minimi, registrati nel terzo trimestre 2013, si annulla, perdendo, di fatto, tutto quanto guadagnato in questi anni. La distanza dal picco di attività pre-crisi (primo trimestre 2008) si amplia ulteriormente e risulta pari a -39,8%.

Complice anche il prossimo mese di agosto, per cui le imprese non segnalerebbero rilevanti differenze nei giorni destinati alla produzione rispetto allo scorso anno, le previsioni a breve termine sono, nel complesso, negative: le aziende che stimano un peggioramento della situazione nei prossimi tre mesi sono il 43%. Quelle che prevedono di mantenere i livelli attuali sono il 40%. Le previsioni sono condizionate dalla debolezza della domanda interna, frenata da incertezza e perdita di potere d’acquisto delle famiglie; dalla fragilità della domanda estera, specie a causa della diversa tempistica rispetto all’Italia con la quale si sta diffondendo il Covid-19 in molti paesi, nostri partner commerciali. Il commercio internazionale, diminuito di circa il 25% tra marzo e aprile, non ha mostrato in seguito una crescita consistente. Si profila quindi una ripresa caratterizzata, dopo un’improvvisa e pesante caduta, da una risalita lenta e meno intensa, con parecchi trimestri necessari per recuperare quanto perso in pochi mesi.

Per l’artigianato manifatturiero – secondo il Servizio Studi della Camera di Commercio di Brescia – il secondo trimestre dell’anno si chiude con una brusca e sensibile decelerazione subendo gli effetti diretti dei provvedimenti di contenimento della pandemia che hanno interessato in particolare i mesi di aprile e maggio. Tra aprile e giugno, la produzione è calata del 14,4% rispetto ai primi tre mesi dell’anno; il fatturato è diminuito del 15,6% e gli ordini del 13,6%. Il confronto con lo stesso trimestre del 2019 mette in evidenza cali molto più pronunciati, produzione e fatturato segnano diminuzioni del 25,5% e gli ordini del 23,7%.

Dal punto di vista settoriale la dinamica della produzione delle imprese artigiane si presenta pesantemente negativa in tutti i settori. Il comparto che ha subito i cali maggiori, nel confronto con il secondo trimestre dello scorso anno, si conferma il legno – mobilio (-35,4%) seguito dalle pelli-calzature (-29,6%), dalle industrie varie (-29,2%), dalla gomma-plastica (-26,7%) e dalla meccanica (-26,3%). Segna un calo pari alla media provinciale la siderurgia (-25,5%) e in misura più contenuta la carta stampa (-20,3%) ed il tessile (-14,8%).

Con riferimento ai settori, l’attività produttiva è diminuita: oltre la media nel comparto della meccanica (-16,9%); sotto la media nel chimico, gomma, plastica (-12,8%), metallurgia (-11,3%) e sistema moda (-10,3%). Ha subito perdite più contenute il legno e minerali non metalliferi (-8,6%), mentre l’alimentare ha registrato una crescita (+5,3%).

Le vendite sul mercato italiano sono diminuite per il 73% delle imprese, rimaste invariate per il 13% e aumentate per il 14%. Le vendite verso i Paesi comunitari sono calate per il 58% degli operatori, cresciute per il 13% e rimaste stabili per il 29%; quelle verso i Paesi extra UE sono diminuite per il 51%, aumentate per il 15% e rimaste invariate per il 34% del campione.

I costi di acquisto delle materie prime sono cresciuti per il 27% delle imprese, con un incremento medio dell’1,6%. I prezzi di vendita dei prodotti finiti sono calati per il 22% degli operatori, per una variazione media pari a -1,6%.

Tra i fattori che limitano la produzione, le aziende hanno segnalato: per il 69% la domanda insufficiente a causa del Covid-19 e/o la temporanea chiusura degli impianti durante la fase di lockdown; per il 4% la scarsità di materie prime/macchinari; per il 2% i vincoli finanziari; per l’1% la scarsità di manodopera; per il 13% nessuno.

Le aspettative a breve termine appaiono negative. La produzione è prevista in diminuzione da 43 imprese su 100, stabile dal 40% e in aumento dal rimanente 17%. Gli unici comparti attesi in crescita sono legno e minerali non metalliferi e sistema moda. Cadute meno intense sono previste per l’alimentare. Le stime sono invece molto negative per: chimico, gomma, plastica, meccanica e metallurgia.

Gli ordini provenienti dal mercato interno sono in diminuzione per il 43% degli operatori, stabili per il 40% e in aumento per il 17%; quelli dai Paesi UE sono in calo per il 34% degli operatori del campione, invariati per il 53% e in crescita per il 13%; quelli provenienti dai mercati extracomunitari sono in diminuzione per il 34% delle imprese, stabili per il 53% e in aumento per il 13%.

I dati negativi fatti registrare dalla produzione industriale sono anche quelli dell’artigianato, il cui fatturato è diminuito in tre mesi del 15,6% e ha segnato un calo ancora più robusto (-25,5%) in termini tendenziali. Questo risultato, simile al calo segnato a fine 2009 a seguito della crisi finanziaria, ha annullato la lenta crescita iniziata a fine 2013 portando i livelli del fatturato ai minimi storici. La performance negativa è stata determinata dal crollo della domanda interna: il fatturato interno è diminuito, infatti, del 25,5%. Anche la componente estera è calata sensibilmente (-25,1%) ma occorre ricordare che la quota del fatturato estero sul totale per la manifattura artigiana è molto contenuta (pari al 9,2%).

L’andamento degli ordini dell’artigianato fa segnare anche per questo secondo trimestre del 2020 un deciso calo del -23,7% su base tendenziale, per effetto del calo degli ordini interni (-24,2%), mentre è meno intensa la diminuzione degli ordini provenienti dal mercato estero (-19,0%).

Gli effetti sull’occupazione sono stati attenuati dalle misure straordinarie adottate dall’esecutivo a sostegno del lavoro, il saldo, infatti, tra entrate e uscite è pari a -0,5%. Tuttavia, i riflessi si ripercuotono sulla quota di imprese che ha fatto ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni che è aumentata dal 61,2% del primo trimestre al 73,6% del periodo aprile-giugno per una quota sul monte ore complessivo pari al 15,2%. Si tratta di valori che non hanno precedenti nella serie storica disponibile dal 2010.

Nonostante i risultati fortemente negativi le attese degli imprenditori artigiani per il prossimo trimestre segnalano un miglioramento del clima di fiducia. I saldi tra ipotesi di aumento e diminuzione restano negativi ma sono più contenuti, perché la quota di imprese che si attende un calo della produzione, del fatturato e della domanda interna è diminuita. Sul fronte dell’occupazione prevalgono le ipotesi di stabilità su cui incidono fortemente le disposizioni di blocco dei licenziamenti collettivi.

Anche in questa Indagine trimestrale, come nella precedente, particolare attenzione è stata dedicata alla valutazione dell’impatto economico di Covid-19 sulle imprese intervistate. Di seguito riportiamo i principali risultati.

Posto uguale a 100 il livello di attività associato alla “normalità pre-Covid”, quello effettivamente registrato è stato pari a: 63 a marzo; 45 ad aprile; 77 a maggio; 81 a giugno. A luglio è previsto un livello di attività pari a 81. In definitiva, dopo il rimbalzo di maggio, giustificato dalla ripresa dell’attività in seguito ai bassissimi livelli di aprile, in giugno non si è assistito a un’accelerazione dell’output, che a luglio è previsto ancora abbondantemente distante dai livelli prima del lockdown.

Gli intervistati hanno dichiarato, per il primo semestre 2020, un calo percentuale del fatturato (-19%) e delle ore lavorate (-19%) rispetto al primo semestre 2019. Queste stime sono state effettuate al netto delle imprese che hanno visto crescere la propria attività grazie all’emergenza di questi mesi. Allo stesso tempo, va sottolineato che le dinamiche descritte sono la sintesi di evoluzioni estremamente diversificate, non solo tra settore e settore, ma anche tra le diverse aziende.

Riguardo alle misure di gestione del personale adottate dalle imprese nel trimestre aprile-giugno in seguito all’emergenza Covid-19: l’85% degli intervistati dichiara di aver utilizzato la Cassa Integrazione Guadagni; il 77% di aver introdotto o di aver esteso il personale coinvolto nel lavoro a distanza (smart working); il 64% di aver fatto ricorso alle ferie obbligatorie; il 56% di aver ridotto le ore di lavoro; il 25% di aver rinviato le assunzioni previste; il 17% di aver fatto formazione aggiuntiva del personale; il 16% di non aver prorogato i contratti a termine.

In merito agli effetti dell’emergenza sanitaria previsti sulla propria impresa fino alla fine del 2020: per il 61% degli intervistati si ridurrà la domanda nazionale dei prodotti offerti; per il 59% si ridurrà la domanda dall’estero dei prodotti offerti; per il 27% non si prevedono effetti particolari sull’attività dell’impresa che proseguirà normalmente; per il 20% si ridurrà l’attrattiva nei confronti dei prodotti o servizi offerti, a seguito della cancellazione/rinvio di fiere ed eventi promozionali; per il 20% aumenteranno i prezzi delle materie prime, dei semilavorati o degli input intermedi; per il 13% si ridurrà la domanda locale dei prodotti offerti; per l’11% mancherà la liquidità per far fronte alle spese (correnti, debiti, ecc.).

Riguardo alle strategie che l’impresa ha adottato o sta valutando di adottare per rispondere alla crisi causata dall’emergenza Covid-19: il 38% degli intervistati dichiara una riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro; il 34% il differimento o l’annullamento dei piani di investimento (inclusi quelli in R&S); il 28% l’accelerazione della transizione digitale; il 25% la modifica della quantità di ordini di fattori di input (ad es. materie prime, ecc.); il 23% la produzione di nuovi beni non connessi con l’emergenza sanitaria pur restando nell’ambito della propria attività economica; il 20% l’intensificazione delle relazioni esistenti o la creazione di partnership; il 17% la modifica o l’ampliamento dei paesi di destinazione dell’export.

REDAZIONE 29 lug 2020 07:30