Vanessa Ferrari: sacrifici e successi
“Ho iniziato per gioco e poi le cose si sono fatte più serie” racconta un po’ schiva a una platea gremita. Lei si chiama Vanessa Ferrari e il contesto in cui si trova a raccontarsi è il Liceo classico Arnaldo durante i giorni di “Schola ludens”
“Ho iniziato per gioco e poi le cose si sono fatte più serie” racconta un po’ schiva a una platea gremita. Lei si chiama Vanessa Ferrari e il contesto in cui si trova a raccontarsi è il Liceo classico Arnaldo durante i giorni di “Schola ludens”, una sorta di autogestione ben organizzata in cui gli alunni diventano insegnanti dei propri compagni. In uno di questi momenti Francesca Magnacca della 5F ha intervistato la ginnasta bresciana pluripremiata. Il successo a cui è più legata è la medaglia d’oro ai Mondiali del 2006, anche se ricorda con affetto la vittoria all’Europeo a Sofia nel 2014 perché “è stato un po’ come essere a casa, visto che mia madre è bulgara e ho vinto dopo aver avuto diversi infortuni”. Il suo è il racconto di una giovinezza passata ad allenarsi, con sacrifici, sudore, scuole cambiate, trasferte. Oggi a 26 anni ricorda come l’amore per la ginnastica scoccò vedendo a 5 anni una ginnasta alla trave. Nella carriera ci sono vittorie e successi a squadre e individuali. “Le squadre negli anni cambiano, perché la ginnastica è uno sport che le atlete non praticano a lungo. Non è detto che chi conquista la qualifica come squadra poi l’anno successivo sia presente alla competizione. Qualcuna smette, altre non sono selezionate. Alla fine rimane uno sport individuale, perché anche nelle prove a squadra sono sommati i punteggi individuali”.
L’obiettivo, importante, non è ottenere primati “ma fare sempre bene in gara e quindi allenarsi per arrivare agli appuntamenti al 100%”. Ci sono sacrifici e infortuni, molti “dovuti ad usura”, racconta Vanessa e poi sottolinea che “senza sacrifici non si ottengono risultati. Se si vuole ottenere qualcosa bisogna concentrarsi sui propri obiettivi e fare il massimo possibile”. Due situazioni simili l’hanno portata a Londra e a Rio a perdere la medaglia di bronzo per un cavillo in un caso, un passettino nell’altro. Due delusioni. In entrambe le occasioni il pensiero di smettere. Dopo Londra la chiamata dell’allenatore l’ha riportata in pista. Dopo la delusione di Londra Vanessa smette per 6 mesi di allenarsi. Dopo Rio la scelta di allenare delle ragazze con cui ha conquistato il secondo posto in Canada, dietro gli Usa, qualche giorno fa e “la scelta di continuare a provare ad esserci”.
La prospettiva è Tokyo 2020 ma si passa dai mondiali di Doha 2018. Dietro i successi di Vanessa c’è il rapporto con l’ allenatore Enrico Casella. Vanessa confessa di agitarsi prima di scendere in pedana “quasi mi sono messa a piangere in alcune occasioni”. La soluzione è concentrarsi, nonostante tutto perché “l’importante è vincere, dove vincere è dare il massimo che puoi”. Il segreto è che “non si smette mai di imparare. Crescendo il fisico cambia, la gestione è diversa ma essere disposti ad allenarsi è tutto”. E per quanto riguarda il doping ha le idee chiare: “Innanzitutto non farebbe bene a me. Credo che la vita sia più importante di vincere una gara in modo corretto, in più ci sono molti controlli a sorpresa”. Interessante l’ordine della risposta.