Una schiacciata per l'inclusione
Tanti sorrisi, spensieratezza travolgente e vero divertimento. Entrando nella palestra del Liceo Leonardo di Brescia il martedì, dalle 18.30 alle 20, si respira un’atmosfera quasi magica, dove la felicità non è solo un obiettivo, ma un fatto concreto. Sarà perchè, in quella fascia oraria, si allena la squadra della Scuola di Pallavolo Brescia più speciale di tutte.
Nata quest’anno da un’idea che Claudio Bianchin aveva nel cuore da tempo, la formazione è composta da 11 ragazzi disabili e da altri atleti normodotati ed è impegnata sia nel campionato di pallavolo integrata organizzato dal Csi di Cremona, sia nelle manifestazioni di Special Olympics (riservate alle disabilità intellettive). Nel Bresciano, oltre a questa squadra (la prima nata in tutta Brescia città), sono attive realtà simili, come a Montichiari, Pontevico e Orzinuovi.
“La mia storia comincia da molto lontano, precisamente da una vacanza organizzata a Cocca Veglie in cui partecipavano disabili intellettivi e studenti delle scuole superiori – racconta Claudio Bianchin che, al tempo, era insegnante al liceo (oggi, oltre ad impegnarsi a tempo pieno per la Scuola di Pallavolo Brescia che ha fondato nel 2004, è anche un docente universitario dell’Università Cattolica) –. Allo stesso tempo, sono anche socio fondatore della cooperativa sociale ‘La Mongolfiera’ di Brescia. La vicinanza al mondo della disabilità ha le radici qui”. Ma perché proprio una squadra di pallavolo? “Per Rosa, una ragazza che ha iniziato a giocare da noi quando aveva 12 anni. La sua disabilità intellettiva non le ha mai consentito di andare avanti di categoria. Quando, purtroppo, il Covid ci ha costretto alla chiusura della palestra, ho indirizzato Rosa al Volley Montichiari dove è presente una squadra Special Olympics. Ma nella mia testa c’era un imperativo: dare vita ad una squadra per far giocare Rosa. Ho quindi contattato gli amici de ‘La Mongolfiera’ e ho presentato il progetto. Siamo partiti con sette atleti, oggi sono 11”.
A completare la squadra, ci sono poi gli atleti normodotati, i cosiddetti “partner”, tra cui tre ragazze di Scienze dell’Educazione della Cattolica nell’ambito del progetto di “Service Learning”, ma anche cinque ragazzi del Liceo Leonardo che stanno svolgendo il loro Ptco. “Ho cominciato questa esperienza a settembre – spiega Martina Canistrà, iscritta al quarto anno del Liceo Leonardo –. Dai primi allenamenti, i ragazzi sono molto migliorati e si sono aperti con noi. Le emozioni sono forti: queste persone ti danno tanto ogni settimana, si impegnano e ti spronano sempre a fare di più e meglio”. In distinta, compare anche il nome di Francesca Guerini, libero della squadra della Scuola di Pallavolo Brescia di Prima Divisione. “Ho conosciuto Rosa quando giocavo nell’Under 13, ma poi ci siamo perse di vista – spiega –. Quando ho scoperto di questa nuova squadra, ho voluto rincontrarla. Giocare in questo gruppo è un’esperienza che apre il cuore. Sono i ragazzi più spontanei e felici del mondo. La spensieratezza che si respira in questo gruppo è contagiosa. Nonostante anche qui valgano i concetti di impegno e i risultati, è importante divertirsi per davvero. È bellissimo il gruppo che si è creato”.
Se Csi e Special Olypics sono “divisi” da due regolamenti differenti (nella pallavolo integrata, si gioca con quattro atleti e due partner e questi ultimi non possono battere e lanciare la palla nel campo avversario; in quella unificata, invece, ci sono 3 atleti e 3 partner e non ci sono divieti), certamente a unirli è la stessa voglia di integrazione e divertimento. L’allenatrice Yanet Sanchez Bermudez, infatti, descrive ogni momento come “una festa travolgente. Giochiamo, ma lavoriamo molto sui fondamentali. Mi colpisce sempre la loro allegria: appena riescono a fare qualcosa su cui prima avevano difficoltà è un’emozione unica. Per loro, ma anche per me. È una grande gratificazione”. Anche perchè “spesso sono ragazzi con storie di sconfitte ed esclusioni – continua Claudio Bianchin –. Con alcuni, abbiamo dovuto lavorare sull’autostima, incoraggiando ma anche adattando le tecniche alle potenzialità di tutti”. Proprio per questo “occorre vederli come persone e non come disabili. Questa classificazione deriva dal fatto che hanno un quoziente intellettivo basso. Purtroppo, però, non viene mai misurato il quoziente affettivo: questi ragazzi sanno donare grande affetto e hanno molta motivazione. C’è consapevolezza delle loro difficoltà, ma tanta voglia di fare, di imparare…”. A confermarcelo è Giulia, una delle atlete: “Mi sento nell’ambiente giusto. Mi diverto e mi rilasso. In questa squadra mi trovo tanto bene. Sono carica per le partite”.