Tiberti, 40 anni e non sentirli
“Ehi, che maglietta ti sei messo? Guarda che qui si suda e ci si sporca, non è una sfilata di moda”. Iniziò così la carriera pallavolistica di Simone Tiberti, bandiera dell’Atlantide Brescia.
Calcio. “Venivo dal mondo del calcio – racconta l’atleta classe 1980 –, dove non ero affatto male, ma non amavo allenarmi all’aperto, soprattutto in inverno. Dopo essermi innamorato della pallavolo a scuola ebbi l’opportunità di un provino nella Pallavolo Brescia. Misi una bella t-shirt e fui subito bersagliato dai compagni, ma il messaggio, a posteriori, fu positivo”.
Soddisfazione. Già, perché 27 anni dopo quell’allenamento Tiberti riavvolge il nastro da atleta professionista con estrema soddisfazione. Oggi, a 40 anni compiuti, è un simbolo della pallavolo bresciana e un esempio per i giovani. “La mia carriera è stata ricca di emozioni, ma credo che indossare la maglia della Nazionale sia stato l’apice. In quei momenti rappresenti un Paese, un intero movimento, perfino quei giocatori che non sono stati selezionati. È un onore e una grande responsabilità”. Quest’ultima è una parola ricorrente nel percorso sportivo di Tiberti: “Quando sei regista e capitano di una squadra le responsabilità sono all’ordine del giorno. Devi dare l’esempio, ma anche capire i compagni, il loro umore, aiutare il coach a tenere compatto il gruppo. Essere un atleta professionista, poi, è un privilegio e ne sono sempre stato consapevole. Le motivazioni non mi sono mai mancate e mi animano ancora. L’adrenalina del prepartita e della gara è qualcosa di speciale, che voglio gustarmi il più possibile. Quando smetterò? Io ragiono di anno in anno e ho la fortuna di essere gestito benissimo qui a Brescia, dove mi trovo a meraviglia. Tra un paio d’anni ne riparleremo”.
Anche perché la squadra sta facendo davvero bene: “L’anno scorso abbiamo raggiunto la finale di Coppa Italia, ma è mancata la ciliegina sulla torta. Ora ci siamo affacciati ai play off da ottavi in classifica, quindi il cammino sarà tutto in salita, ma faremo un passo alla volta, vendendo cara la pelle”.
Post carriera. Lo scenario futuro del post carriera, ovviamente, affiora: “La mia paura è di non ritrovare le stesse motivazioni, sceglierò ciò che più mi stimola e appaga. Il percorso da allenatore è un’ipotesi”. Infine un pensiero alla città, che “deve tenere duro, perché il peggio di questa pandemia è alle spalle. Presto torneremo a festeggiare insieme al palazzetto”.
Tiberti ha un consiglio anche per quei giovani che oggi indossano la maglietta più bella in occasione del loro primo allenamento: “Cambiate maglietta, sudate e date il massimo per la vostra passione, senza mettere da parte lo studio. Sport e scuola possono e devono coesistere, garantiranno benefici enormi al vostro avvenire”.