Sulla tavola da surf per sfuggire dalla favela
Anche questa è "Rio 2016": grazie all'iniziativa di alcuni volontari i ragazzi cavalcano le onde lontano dalla violenza della favela
Mentre nel villaggio olimpico di Rio i grandi atleti competono per conquistare la vetta delle classifiche, poco distante, ma lontano dai clamori mediatici, nella favela “Rocinha” alcuni ragazzi hanno affidato il loro futuro a una tavola da surf per sfuggire alla violenza e alla droga. “Adoro stare in acqua, sulla spiaggia – ha dichiarato uno dei ragazzi ai microfoni dell'Ansa -. Non c'è molto da fare a casa per noi”. Il comitato olimpico ha deciso da pochissimo di inserire il surf fra le discipline per i Giochi di Tokyo del 2020, un motivo in più per continuare a solcare le onde, sognando di arrivare, un giorno, a gareggiare ai massimi livelli, a chilometri di distanza da una realtà troppe volte opprimente: “Qui ci sono moltisime sparatorie – continua il giovane surfista -, è dura vivere qui”.
All'origine della scuola fondata da Ricardo Ramos c'è la volontà di insegnare il surf ai bambini più poveri per strapparli dalla strada: “Qui i cittadini sono stati abbandonati per decine di anni dallo Stato – racconta Ramos -. Per noi che lavoriamo nel sociale è difficilissimo, cerchiamo di dare un valore aggiunto, cerchiamo di scardinare gli stereotipi della vita nella favela. Quando i ragazzi tornano a casa, però, tornano ad affrontare i problemi di tutti i giorni. Qualche volta non hanno nemmeno da mangiare. E' veramente difficile”. La scuola è gratuita e per far fronte alle spese, oltre all'aiuto che viene dalle donazioni private, gli organizzatori cercano di ricavare qualcosa attraverso dei lavori di manutenzione delle tavole. Grazie all'opera dei volontari la squadra della favela è diventata una delle prime dieci della città.