Riforma dello sport: tra verità e fake
Il 2023 è l’anno dello sport, quello che finalmente ha dato il giusto riconoscimento giuridico e legislativo all’attività sportiva. Questo è accaduto non solo per la modifica dell’articolo 33 della Costituzione, ma anche per l’entrata in vigore della tanto chiacchierata Riforma dello Sport. Abbiamo chiesto un commento a Mauro Berruto anche su questo aspetto. “La riforma del lavoro sportivo nasce molti anni fa, nel primo governo Conte – dichiara –. Ho lavorato per 25 anni, anche ad alto livello, nella pallavolo, che è uno sport dilettantistico e nella mia casella Inps di quell’impegno c’è scritto 0. Prima non c’era nessuna tutela. Oggi, è giusto che, se lo sport assume tale dignità, coerentemente ci sia il riconoscimento dei lavoratori e delle lavoratrici sportive. Il problema della Riforma è legato agli inizi, perchè è nata con la stessa fotografia per chi faceva sport in oratorio e chi in Serie A. Questo errore ha generato una narrazione devastante perché i piccoli e medio piccoli sono stati terrorizzati. Viviamo tutti sulla Terra e sappiamo che c’è una porzione a cui faceva e fa comodo continuare a manovrare in maniera un po’ equivoca quel mondo. Da quella versione molto preoccupante e sbagliata, però, è stato fatto un enorme lavoro. Gli ultimi correttivi mettono in sicurezza quella famosa quota inferiore ai 5mila euro annui, che i dati di ‘Sport e Salute’ palesano interessi l’85% di chi percepisce denaro nel mondo dello sport: su tale quota non esiste più nessuna forma di impatto economico, compreso l’Inail, e nemmeno burocratico perché l’unica cosa richiesta è la segnalazione sul Ras, il registro unico sportivo, della persona e del suo compenso in base al ruolo. Purtroppo, ancora oggi, c’è in atto un’azione di disinformazione molto spesso strategica. Io credo, però, in un modello sportivo solido, che rispetta le leggi ed è capace di guadagnarsi nel modo giusto questa dignità. Io capisco che ogni grande cambiamento comporti della resistenza e delle paure. Come comprendo che questa non sia ancora la migliore delle leggi possibili e ci sarà un tavolo permanente che accompagna e corregge quanto si può fare. Ma mi piacerebbe che ci fosse un cambio culturale sia dei lavoratori che dei datori sportivi, perchè questa Riforma tutela anche loro. D’altronde è un modo di dire ‘fare le cose per sport’. E invece no. Questi due momenti dimostrano che è successo qualcosa di decisivo”.