Leggende del ciclismo a confronto
Insieme fanno oltre 300 trofei vinti e innumerevoli podi conquistati. Mary Cressari, Michele Dancelli, Pierino Gavazzi e Marco Velo rappresentano vere leggende del ciclismo bresciano che tanto ha dato al movimento italiano e internazionale. I quattro campioni, appartenenti a quattro generazioni differenti, sono stati ospiti di una tavola rotonda organizzata dal Panathlon Club Brescia e condotta da Paolo Venturini, giornalista e scrittore specializzato in ciclismo, che ha stuzzicato i suoi interlocutori spingendoli a ricordare aneddoti, avventure e disavventure, vittorie e sconfitte.
Dall'incontro è emerso il racconto di come si è evoluto e di come è cambiato questo sport tanto popolare e amato: dal tipo di corse che si affrontavano alla preparazione, dall'alimentazione alla struttura fisica, fino ai mezzi e alla tecnologia. Mary Cressari (classe 1943) è considerata la pioniera del ciclismo femminile in Italia. In attività fino al 1979 ha conseguito in carriera 143 successi fra strada e pista. Ha indossato più volte la maglia azzurra ai Mondiali, più volte la maglia tricolore su strada e pista. È passata alla storia come la prima e fino a pochi anni fa l'unica ciclista italiana ad aver stabilito il record dell'ora femminile, impresa riuscita nel 1972 a Città del Messico, un mese dopo Eddy Merckx. Nel 1974 stabilisce anche il record dei 100 km in pista al Vigorelli di Milano. “Ho scelto il ciclismo per uscire di casa, come una fuga dalla routine quotidiana”. Spiega Mary sorridendo. “Avevo due fratelli ciclisti, io aiutavo mamma nella trattoria di famiglia. Nel 1962 arrivano i Mondiali di Salò e mi chiedono di gareggiare nella prima nazionale italiana”.
Michele Dancelli (classe 1942), ciclista professionista dal 1963 al 1973, ha ottenuto in carriera 84 successi fra i quali la Freccia Vallone e la Parigi-Lussemburgo. Diventa storica la vittoria nel 1970 alla Milano-Sanremo al termine di una lunga e solitaria fuga e dopo 17 anni senza trionfi italiani alla Classicissima. Indossa la maglia rosa per 14 volte al Giro d'Italia e si impone in 11 tappe. Vince una tappa al Tour de France e indossa la maglia oro di leader alla Vuelta di Spagna. Conquista tre volte il titolo italiano su strada, veste per otto volte la maglia azzurra ai Mondiali dove conquista due medaglie di bronzo nel 1968 e 1969. È considerato fra i 100 ciclisti al mondo più forti di tutti i tempi. “Facevo il muratore e con la prima busta paga ho comperato la mia prima bicicletta per andare al lavoro. Piano piano l'ho trasformata in una bici da corsa e ho vinto le prime gare”.
Michele ha fatto dell'istinto il suo marchio di fabbrica. “Non facevo calcoli, dipendeva da come mi alzavo al mattino. Provavo la gamba e se la sentivo giusta ero pronto per dar battaglia”. Pierino Gavazzi (classe 1950), professionista dal 1973 fino al 1992, ottiene 62 vittorie fra le quali la Milano-Sanremo nel 1980, la Parigi-Bruxelles e cinque tappe al Giro d'Italia. Vince per tre volte il campionato italiano professionisti, l'ultima a 38 anni. Veste sette volte la maglia azzurra, diretto dal Ct Alfredo Martini. In venti anni di carriera sale 243 volte sul podio e come Dancelli è annoverato di diritto fra i 100 corridori più forti di tutti i tempi. “Ho iniziato come calciatore, è stato il papà, appassionato di ciclismo, che mi ha convinto a provare”. Pierino ricorda, ancora commuovendosi, il suo primo direttore Gino “Mago” Riccardi. “Ci faceva fare le salite in Maddalena e ci portava all'Eib che usavamo come una pista”.
Marco Velo, classe 1974, è stato professionista negli anni dal 1996 al 2010, durante i quali ha ottenuto nove successi, ma soprattutto si è posto al servizio di grandi campioni come Marco Pantani, Alessandro Petacchi e Tom Boonen. Ha conquistato tre volte il titolo tricolore a cronometro e ha vestito quattro volte la maglia azzurra ai Mondiali. Attualmente riveste il ruolo di Commissario tecnico della Nazionale per il settore dele cronometro di tutte le categorie, maschile e femminile. “Nella mia carriera ho avuto la fortuna di correre a fianco di grandi campioni. Mi sono ritagliato il ruolo di gregario che mi ha dato tante soddisfazioni. Sono orgoglioso di quanto ho potuto dare perchè senza squadra anche i capitani non vanno lontano”. Marco conclude l'incontro con un po' di nostalgia. “Il ciclismo, come la vita, è cambiato. È tutto più veloce. Quando i ragazzi smettono di pedalare si immergono nel loro mondo social. Una volta ci si trovava dopo cena e ci si prendeva in giro tra compagni di squadra e avversari: era quello il nostro momento social”. Un ciclismo, lontano, quasi epico, che nel racconto in presa diretta fatto dai suoi protagonisti è ancora capace di emozionare.